Prendono i voti a “destra” e li portano a “sinistra”

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«Giusto regolare per legge le unioni fra omosessuali, ma niente nozze per i gay». Fabrizio Cicchitto, big del Pdl e già capogruppo alla Camera, interviene nel dibattito che agita il suo partito. Una discussione inaugurata dal coordinatore Sandro Bondi che si è pubblicamente schierato in difesa dei diritti dei gay.
Bondi auspica larghe intese sui diritti dei gay. Lei cosa ne pensa?
«Io reputo che siamo arrivati al punto di maturazione in cui le unioni fra omosessuali vengano regolate in modo tale da consentire parità di trattamento per le questioni di natura economica, patrimoniale, sanitaria. Questa è una via da percorrere e su questo dobbiamo procedere. Ma diverso è il matrimonio gay».

Non ci piace ragionare con termini come “destra” e “sinistra”, anche perché ne esistono molteplici esempi, e spesso le due “parti” coincidono tra loro: ad esempio, destra e sinistra liberale sono la stessa cosa. Noi preferiamo segnare la differenza tra chi sta dalla parte dell’identità e chi invece, si schiera con le forze dell’entropia. Per comodità, e con sprezzo della reale complessità definiremo i primi come “destra” e i secondi come “sinistra”.

In questo senso, il Pdl prende i voti a destra, e li porta a sinistra. La sua classe dirigente è totalmente inquinata da personaggi entropici come Bondi, Carfagna, Galan, Cicchitto e roba simile. Più in generale è tutta la classe politica a subire quello che in cosmologia si chiama “red-shift”, uno spostamento verso il rosso, e con “rosso” intendiamo sinistra-entropia, rispetto a quelli che sono i valori dell’elettorato di riferimento. Sia Pdl, Pd che M5S hanno elettorati che sono più a “destra” dei loro rappresentanti. In Pdl e M5S questo raggiunge il parossismo.

Chi vota Pdl, bene che vada se frega dei matrimoni gay – loro le chiamano “unioni” in neolingua, per sbolognarcele meglio – al peggio, è ferocemente contrario. E poi si trova con Bondi-Galan-Cicchitto che sembrano esponenti dell’ArciGay. C’è un problema di rappresentanza.
Questo problema è radicato nell’essenza stessa della democrazia rappresentativa: è notorio che i professionisti della politica sono ontologicamente meno “conservatori” dei propri elettori. E’ così, ovunque nel mondo vi sia questo tipo di democrazia minore. Non ci sono statistiche, ma sono piuttosto sicuro ad esempio, che in Parlamento ci sono, proporzionalmente, più omosessuali di quelli presenti nella popolazione generale. E più drogati. Questo diventa un problema quando vengono trattati temi cosiddetti “etici”, perché la natura dell’individuo parlamentare entra in rotta di collisione col mandato affidatogli dall’elettore: dovrebbe rappresentare la volontà popolare, non i propri – o dei circoli che frequenta – desideri.

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E questo “problema di rappresentanza” non si limita alla politica. Coinvolge tutto l’apparato pubblico: dai media alla magistratura, passando per la cosiddetta “cultura”. E ciò avviene perché sono tutte professioni che attirano un “tipo d’uomo” – si parla sempre di proporzioni rispetto alla media – più “progressista”.
Dal punto di vista mediatico ad esempio, visto che un giornalista racconta il mondo attraverso la propria lente ideologica, il racconto quotidiano della società viene distorto verso “sinistra”. Lo stesso accade nei tribunali, dove le sentenze sono condizionate dall’appartenenza ideologica dei magistrati e anche in Parlamento, dove le leggi subiscono questa distorsione a scapito della volontà degli elettori.

C’è poi, e ne abbiamo già parlato, una certa “sudditanza culturale” da parte di chi non è in grado di discernere ciò che vuole l’opinione pubblica, da ciò che attraverso la distorsione mediatica viene raccontato.

Prendiamo l’esempio dell’omosessuale – falso o vero non cambia nulla – che ha scritto la letterina piagnucolosa a ripubblica: ad un giornale arrivano centinaia di lettere ogni giorno, è la lente ideologica dei media a decidere cosa far passare dalle forche caudine e cosa no. E se io faccio passare l’unica letterina del gay, ed elimino le 99 lettere contro i campi nomadi, ecco che “il mio racconto della società” è un racconto artificiale e menzognero. Ma il politico medio è piuttosto scemo o anche lui ideologicamente distorto, e allora per lui quella, diviene l’emergenza reale. Perché ognuno vive l’emergenza a secondo dell’ambiente in cui vive.
I politici vivono in un ristretto club di privilegiati dove i problemi non sono certo quelli dell’italiano normale. Nei circoli che frequenta il politico, il dramma è l’amichetto gay che non può adottare il bambino scelto sul catalogo, così si convince che questa sia la priorità anche della società nel suo complesso.
E’ già accaduto, quando una bella ragazza austriaca disse ai suoi di dare loro le brioches. Non finì bene.

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Fonte: Identità.com