I gay sono un po’ più uguali degli altri

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Meglio dar retta solo alle minoranze, perché costano meno e sono più controllabili. Questa la morale a un paio di giorni dalla legge sulle unioni civili (omosessuali) in Inghilterra.

 

Cameron David

Il 21 maggio è passata la legge sulle unioni civili (omosessuali) in Inghilterra, in seconda lettura alla Camera dei Comuni di Londra. Voti favorevoli: 366, contrari: 161. Poi sarà la volta della Camera dei Lord.
A parte i festeggiamenti della comunità LGBT, che così vede coronarsi il suo sogno d’amore, il nocciolo della questione può essere un altro.
Per contrastare la legge, qualche giorno prima, il parlamentare Tim Loughton ha proposto un emendamento particolare. Ha chiesto, con un glossario molto simile alla comunità gay, di estendere le unioni civili anche alle coppie eterosessuali.

La proposta è risultata subito spaventosa. Già perché, a parte l’amore, le civil partnership prevedono la riforma del sistema pensionistico e tutta una serie di diritti solitamente riservati al coniuge. Il Downing Street l’ha bollata immediatamente come “distruttiva”, in quanto l’estensione avrebbe avuto un costo supplementare di 4 miliardi di sterline (circa 4,7 miliardi di euro).
Rizzate le antenne, anche Cameron è corso ai ripari. Attenzione, ha detto, se passa questo emendamento non solo è a rischio il progetto di legge, ma l’intero Tesoro dello Stato.
In tempo di crisi, è meglio non farsi venire strane idee in testa.
Una vera e sana democrazia, attenta ai diritti di tutti, avrebbe bloccato il progetto. Altolà, avrebbe detto, se non si può fare per tutti, allora non si può fare per nessuno.
Invece la legge è passata tutelando solo gli interessi delle coppie omosessuali. Tanto gli etero si possono già unire in matrimonio, che bisogno hanno delle unioni civili? Oltretutto il nuovo sondaggio di YouGov conferma che il 54% della popolazione inglese è favorevole al riconoscimento delle nozze gay. Quindi, dov’è il problema?

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In realtà, il percorso della legge non fa che confermare che è in atto la decostruzione della coppia e della famiglia tradizionale, e che gli Stati non hanno più intenzione di investire su di essa. La si vuole indebolire affiancandole altre definizioni che, in assenza di altri valori decisivi che non siano quelli laici, finiscono per essere “le diverse possibilità dell’amore”. Possibilità, ovviamente, tutte degne dello stesso status, posizionabili tutte sullo stesso piano.
Mettendole in comunicazione sul piano giuridico, si vuole abbassare una per innalzare l’altra.
La domanda successiva, però, non è se questo sia possibile (lo è già) e nemmeno se sia plausibile, ma è: perché?
Perché i governi si danno tutto questo gran da fare per sdoganare le unioni gay?
La risposta potrebbe giacere in un’unica parola: spaccatura. Frammentare, indebolire il fronte più grosso corrisponde al vecchio motto latino “divide et impera”, separa per comandare.
L’impressione è che l’istituzione di una società pluralista, fatta di tanti interessi particolari ma nessuno fondamentale, possa creare fette di popolazione meglio controllabili e manipolabili. Con un uso accorto dell’antilingua e di fiere parole come “libertà” (all’ombra della quale i totalitarismi sguazzano), si tenta ciò che con un confronto diretto sarebbe impossibile ottenere.

Attenzione, però. Proprio perché termine cruciale, la “spaccatura” in questo momento è utilizzata dai media solo contro i cattolici. Sono loro a voler interrompere la democrazia, a non consentire questo o quell’altro.
Secondo questa interpretazione, li si identifica come anti-sociali, come antiquati, e via di questo passo. E mentre li si accusa di spaccatura, nel frattempo si spaccano tutti i valori intorno o anche in “semplice odore” di cristianità.
Se non fosse così, non si capirebbero tanto cose. Non sarebbe chiaro, ad esempio, perché Furio Colombo definisca la Marcia per la Vita “un’altra spaccatura, in un Paese già spaccato”, con tanto di allarme per la democrazia, mentre riconoscere la coppie omosessuali non è una spaccatura nella maggioranza, né desta preoccupazioni.

Eppure dovrebbe essere esattamente il contrario. In Italia, l’88% si definisce cattolico, perché dovrebbe sembrare una frattura che 40.000 persone manifestino sulla base dell’ideologia della maggioranza?
E non è ancora più curioso che invece in Inghilterra una minoranza imponga alla maggioranza un modello di vita e di famiglia in cui non si riconosce, senza creare (secondo i media) nessuna divisione?
Quello che preoccupa, in realtà, è che questa maggioranza si accorga di quanto vale tutta insieme. Quello che preoccupa è che esistano ancora fronti compatti che non si disperdono né per denaro, né per potere, né per costumi sessuali.
Perché sarebbe ben duro imporre capitalismo aggressivo, ideologie relativiste, disoccupazione strutturale eccetera eccetera se di fronte si ha a che fare con un gruppo unito che sa bene quello che vuole. E che nella carità e nel rispetto della persona (non dei suoi pallini sessuali) sa anche come ottenerlo.
Ed è questo a far paura.

Davide Greco

Fonte: nocristianofobia.org