Arrivata al Comune di Milano la richiesta per edificare una moschea nel capoluogo meneghino.
E subito Pisapia, i cui piani prevedono una moschea per ogni quartiere, si slancia: “Si tratti di una moschea o di altri luoghi di culto di altre religioni, noi siamo assolutamente pronti e aperti”. Lui è “aperto”.
Idea che non entusiasma il cardinale Angelo Scola: “Nel dialogo e nel rispondere a una esigenza effettiva, deve essere costruita tenendo conto della fisionomia della nostra storia e della nostra cultura”. L’arcivescovo di Milano, che non è Tettamanzi, ha ricordato l’esperienza di Venezia dove l’idea di costruire una moschea nella città lagunare si era rivelata sproporzionata proprio perché “non rispettava questi criteri”. Ancora uno sforzo cardinale, dire no in modo chiaro e meno mellifluo.
Interviene anche Maroni: “Chiunque può venire in Italia però deve rispettare il nostro modo di vivere, le tradizioni e la cultura”. Già partire con “chiunque può venire in Italia”, non è sintomo di molta intelligenza.
“La vera integrazione si ha però nel rispetto delle tradizioni culturali e religiose di un territorio, della nostra storia, delle nostre radici. E le nostre sono cristiane”. Le radici, caro Maroni, si difendono chiudendo le frontiere, senza sanatorie di badanti, che poi badanti non sono. Perché le tradizioni e le culture viaggiano con gli uomini. Se li fai entrare, le tue le stai buttando via. L’integrazione non esiste: esiste solo una cultura che annienta l’altra.