Uscire dall’Euro conviene, uscire subito conviene due volte

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Parliamo dell’euro, facciamolo in termini economicamente rigorosi, non come fanno gli eurofanatici dei media di distrazione di massa.

I PAESI DELL’EUROZONA NON SONO UN’AREA MONETARIA OTTIMALE:

Il concetto di “area monetaria ottimale” è stato coniato dal Nobel Mundell e si riferisce a quelle aree geografiche che, dal punto di vista economico-finanziario, possono trarre nell’aderire ad un’unica moneta, più benefici che svantaggi. Ora, i paesi dell’Eurozona non lo sono, questa somiglia più ad un Frankenstein monetario che ad un’area ottimale, e ne abbiamo avuta evidenza quando, agli esordi del millennio, mentre la Germania versava in una situazione economica grave, un paese come la Spagna viveva un boom fasullo, indotto dalla bolla immobiliare generata dai bassi tassi d’interesse che la Bce teneva tali, proprio per salvare una Germania economicamente decotta.
I paesi dell’Eurozona hanno economie diverse e sistemi finanziari differenti che rispondono alle fasi globali dell’economia in modo non omogeneo, rendendo “de facto” dannoso, un tasso di interesse unico per tutti.

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Un interessante studio condotto pochi giorni fa, analizza quali aree del mondo e quali gruppi di paesi siano più o meno adatti ad avere la stessa moneta:

In termini crescenti, quale gruppo di paesi è il meno adatto a condividere la moneta. 

La situazione greca odierna è molto simile a quella argentina prima della “svalutazione”. L’Argentina, piagata negli anni precedenti da un’inflazione galoppante, decise una cura da Cavallo[nbnote ]Nome dell’allora ministro dell’economia[/nbnote]. In sostanza rinunciò alla propria sovranità monetaria, legando la propria moneta, il Peso, al Dollaro.
In termini economici era come se avessero, pur mantenendo una moneta “de jure”, aderito al Dollaro “de facto”. Tralasciando i complicati meccanismi finanziari con i quali questa “parità” veniva mantenuta, l’Argentina come oggi la Grecia (e tutti i paesi dell’Eurozona tranne la Germania), si trovò imprigionata in una moneta troppo forte,  e con tassi di interesse che venivano decisi non certo per la sua situazione economica. Le esportazioni vennero soffocate, l’economia venne strozzata e condotta al collasso, un paese che esportava carne vide bambini morire di fame per le strade e, come accaduto ieri in Grecia e oggi a Cipro, iniziò la corsa agli sportelli per ritirare i risparmi.

La curva del Pil pro-capite argentino: al crollo segue il boom dopo il ritorno al Peso

Alla fine, con l’economia in caduta libera e la fuga di capitali, prma del 2002, il governo si vide costretto a “slegare” il Peso dal Dollaro e a svalutare la moneta. Inizialmente fu il caos, ogni transizione è caotica quando non è “governata”, e così accadrà i giorni e i mesi seguenti alla fine dell’euro. Poi, la cura diede i frutti, le esportazione, spinte da una quotazione finalmente realistica del Peso, ebbero un vero e proprio boom, la sovranità monetaria recuperata tranquillizzò i cittadini e lentamente i risparmi tornarono nelle Banche. L’Argentina inaugurò una crescita “cinese” che è durata anni.

Questo accadrebbe all’Italia e a tutti i paesi prigionieri dell’Eurozona, una volta usciti dall’euro. Abbiamo due scelte: uscire in modo ordinato e affrontare alcuni problemi per pochi mesi, oppure rimanere nell’euro facendoci strangolare lentamente per mesi e forse anni, fino a che non imploderà sua sponte. In questo secondo caso avremo mesi o anni di impoverimento a cui seguiranno molti mesi catastrofici dovuti alla fine traumatica della moneta unica.