Alessandro Orsini, sociologo del terrorismo, direttore dell’Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale della LUISS e membro della Commissione per lo studio dell’estremismo jihadista istituito dal governo oggi, ha pubblicato sul quotidiano d’informazione della LUISS, da lui fondato e diretto, un’accurata analisi sui motivi che vedono l’Italia come prossimo obiettivo di un attentato islamico.
Il terrorismo dell’Isis in Europa sarebbe entrato in una fase, la terza secondo i criteri dello studioso,nella quale si osserva una nuova strategia che l’Isis è costretto ad adottare a causa del suo disfacimento.
Nella prima fase, spiega il sociologo, l’Isis utilizzava efficacemente i mezzi di comunicazione per sollecitare i propri simpatizzanti a recarsi in Siria per contribuire alla costruzione dello Stato Islamico. Al-Baghdadi, infatti, riteneva che compiere attentati in Europa fosse controproducente perché avrebbe sottratto risorse all’edificazione del Califfato. «La sua strategia iniziale» dice Orsini, «è stata quella di liberare le nostre città dagli aspiranti jihadisti per assumerli nei suoi domini».
Paradossalmente, i nostri governi, invece di fare ponti d’oro al nemico che fugge, e poi eliminarlo in loco, hanno cercato di impedire questo deflusso.
La seconda fase è quella che lo studioso definisce “la svolta”. Lo Stato Islamico comincia a essere oggetto di massicci bombardamenti aerei da parte della coalizione americana. È in questa fase che l’Isis comincia a pianificare attentati terroristici verso quei Paesi, come la Francia e il Belgio, impegnati nei bombardamenti sui territori da loro occupati per indurre i cittadini di quei Paesi a chiedere ai propri governi il cessate il fuoco. «L’Italia era al sicuro» dice Orsini, «perché non ha mai sparato un solo proiettile contro l’Isis. Occorre, infatti, sapere che l’Isis ha un interesse a non realizzare attentati contro i Paesi da cui non è colpito per indurre i Paesi che lo colpiscono a interrompere gli attacchi».
Gli attentati a Barcellona e a Cambrils in Spagna, e quello in Finlandia hanno, però, sparigliato le carte. Si entra così nella terza fase, quella in cui cessa ogni criterio selettivo.
Che cosa è cambiato? È cambiato che le zone occupate dall’Isis sono state quasi tutte liberate dall’occupazione jihadista e il sogno della costruzione del Califfato sta per volgere al tramonto. Poiché la cultura jihadista si fonda sul principio della vendetta e le risorse ormai si stanno esaurendo, i capi dell’Isis consentono ai loro militanti di colpire ovunque ci siano le condizioni per poterlo fare.
Questa terza fase del terrorismo dell’Isis in Europa, secondo Orsini, può essere riassunta nella formula “che tutti muoiano con noi”, e Barcellona e la Finlandia ne sono un esempio perché sono Paesi che non hanno mai bombardato lo Stato Islamico. E l’Italia, anche se non rientra tra quelli impegnati in prima linea nella distruzione dell’Isis, potrebbe essere uno dei prossimi obiettivi. «Tuttavia,” dice Orsini, “difficilmente sarebbe un attentato in grande stile come quello di Parigi del 13 novembre 2015. Più probabilmente, sarebbe un attentato cosiddetto “minore”».
«Dunque» conclude Orsini, «nella fase morente dell’Isis, è tempo per gli italiani, di prepararsi, politicamente e psicologicamente, ad affrontare un attentato terroristico».
Ci sembra una visione ottimistica. ISIS non è l’Islam, il terrorismo islamico non finirà con lo Stato islamico come territorio fisico. Anzi, l’eventuale crollo totale di Raqqa, impedirà il deflusso di estremisti islamici verso la Siria dalle seconde e terze generazioni di islamici ‘europei’, che quindi volgeranno la loro rabbia contro di noi.