Un kamikaze a Milano, jihadisti con casa popolare

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È a San Siro che bisogna guardare, se si cercano le ombre nere del Jihad. Oltre alla polveriera via Padova, oltre alle periferie difficili del Lorenteggio, dello Stadera, del Gallaratese e del Corvetto, dove il presidente del Municipio Paolo Bassi retoricamente chiede: «Oltre ai muretti anti-camion in centro città, non sarebbe il caso di chiudere le moschee abusive nelle periferie?».

La possibile Molenbeek italiana è quel quadrilatero di case popolari che da piazza Selinunte si snoda fra le vie Paravia, Tracia, Morgantini e Civitali. Un «ghetto» che, partendo da una fisionomia urbanistica che ora appare folle, di anno in anno si è stratificato fino a diventare il regno dell’abusivismo. Si parla di stabili con 10 alloggi occupati su 12, di lastre anti-occupazione picconate, di porte abbattute con la motosega. Si è calcolato che a San Siro, su oltre 2.500 alloggi, circa 800 siano occupati abusivamente, e a questo scempio di legalità, che diventa scempio di sicurezza, contribuisce in modo decisivo la «meglio gioventù» dei centri sociali, i compagni che si vantano di aver costruito un meccanismo parallelo di assegnazione degli alloggi, che dietro il paravento del «bisogno» premia solo arbitrio e prepotenza. Di fronte a questa emergenza sociale, Palazzo Marino ha reagito con una ricetta che ripropone il consueto mix di velleità e ideologia. Mentre il presidente di Aler Angelo Sala chiede «sgomberi di massa», mentre il vicepresidente della Regione Fabrizio Sala si dice pronto e sollecita il Comune, mentre il presidente del municipio Marco Bestetti invoca letteralmente, e da tempo, «un’azione militare» a San Siro, il sindaco non ha trovato di meglio da fare che consumare una «merenda di quartiere», con gruppi e gruppetti impegnati a ottenere la «residenza per tutti» (visto che «nessuno è illegale»). Dopo Barcellona, valutando gli interventi da mettere a punto, il vice capogruppo di Fi Alessandro De Chirico ha chiesto «controlli a tappeto» nel quartiere Mazzini, in via Bolla, via Padova, via Imbonati e al Niguarda e – appunto – a San Siro.

Proprio in una via del Quadrilatero, Civitali, alloggiava abusivamente Mohamed Game, il libico che il 12 ottobre 2009 uscì per assaltare la caserma Santa Barbara con un ordigno rudimentale che ferì un caporale dell’esercito (lui rimase cieco e menomato). Un mese prima dell’azione di piazzale Perrucchetti, l’aspirante stragista Game aveva partecipato al Ramadan del centro islamico di viale Jenner (a lungo spiritualmente guidato dall’imam Abu Imad, condannato per terrorismo e a sua volta succeduto ad Anwar Shaban, morto in Bosnia da «mujaheddin»). Quella preghiera finale di Ramadan fu celebrata alla Fabbrica del vapore, dove Game fra l’altro aveva liquidato la richiesta di un cronista che intendeva intervistare le donne presenti alla preghiera. «…Le donne, non vogliono essere intervistate…da un uomo…punto e fine».

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Ben altro spessore, tutt’altro profilo, quello di un suo particolarissimo «vicino di casa»: Abou Nassim, alias Moez Ben Abdelkader Fezzani, che abitava (e non solo) in via Paravia e si trasforma in «uomo pio» in viale Jenner. Proprio da Milano, dunque da San Siro, secondo i magistrati italiani Fezzani organizzava l’invio in Afghanistan talebano dei «mujaheddin» destinati «all’uso delle armi e alla preparazione di azioni suicide». Catturato dagli americani in Afghanistan, Fezzani in Italia era stato prima assolto in primo grado e poi condannato a 6 anni di carcere, ma lui – nel frattempo espulso – era già libero in Tunisia, poi in Siria infine in Libia, prima con Al Qaida poi da «pezzo grosso dall’Isis», prima di essere catturato in Sudan ed estradato a Tunisi.

San Siro è il quartiere di Milano dove “gli italiani non possono entrare”

San Siro, uno dei territori perduti d’Italia.

La zona di San Siro a Milano come Molenbeek, il comune fuori Bruxelles che ha ospitato i terroristi Amedy Coulibaly e Salah Abdeslam. I palazzoni delle case popolari nelle vie intorno allo stadio Meazza raccolgono una concentrazione di immigrati arabi da fare invidia alle banlieue di Francia e Belgio. Alcuni caseggiati sono off-limits anche per la polizia.

Emblematico il caso di via Civitali 30, dove due scale sono totalmente in mano a 100 immigrati abusivi provenienti da Marocco, Egitto, Romania e Perù. Qui l’ Aler e le forze dell’ ordine non soltanto non riescono a effettuare lo sgombero, ma non possono neppure entrare.

Troppo pericoloso, ci spiega Alessandro, che lavora per il Gruppo tutela del patrimonio (Grtp) di Aler, cui spetta il compito di intervenire in questi casi. Nel caseggiato regnano degrado e cartelli in lingua araba, e gli abusivi hanno già fatto in tempo a rimpiazzare le porte divelte con infissi nuovi. La polizia ha paura a entrare in queste scale? Bisogna metterci una bomba, commenta esasperata Teresa, la custode del palazzo rimasta da sola a combattere in questo avamposto del Maghreb.

Via Tracia è divisa esattamente a metà: gli ultimi numeri sono in mano ai nordafricani, mentre nei primi coabitano rom, egiziani e marocchini. Al civico 2, schiacciato tra due enormi palazzoni, c’ è un piccolo centro diurno che ospita 14 malati di Alzheimer. Maria, una dipendente, constata: “Tra i giovani arabi che vivono qui molti sono estremisti. In questa zona gli unici italiani rimasti sono pochi anziani. Inoltre è facile osservare i giovani arabi che passano ore senza fare nulla. Quando non riesci ad avere un ruolo nella società grazie al lavoro è inevitabile cercarlo aderendo a organizzazioni radicali”. Mentre esco, Maria mormora preoccupata: Chiuda bene il cancello prima che entri qualcuno.

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Antonio, 78 anni, disabile al 100%, è l’ unico italiano insieme alla moglie che vive in una scala di soli marocchini in via Preneste. Se c’ è qualche fondamentalista? Per me lo sono tutti, proprio come Anis Amri, il killer di Berlino. Dopo le sei di sera ho paura a mettere il naso fuori di casa e anche con il sole alto dico solo “buongiorno” e “buonasera” ma per il resto non parlo con nessuno.

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Il degrado di queste vie è inimmaginabile per chi è abituato all’ ordine del centro di Milano. I cumuli di immondizia agli angoli delle strade comunicano un messaggio preciso: chi vive qui non rispetta le regole, non importa se si tratti della raccolta differenziata o del codice penale. Ormai è più facile entrare in Italia dal Nordafrica che allo stadio di San Siro, commenta ad alta voce il barista del Café People di piazzale Segesta, uno dei quattro punti cardinali della Molenbeek di Milano.

Pochi metri più in là in piazzale Selinunte si ergono le insegne in caratteri arabi del Minimarket El Rais. All’ interno un altoparlante trasmette la voce di un imam che recita il Corano. Non posso rispondere, si schermisce il cassiere. Il mio capo, marocchino, è in Germania fino alla settimana prossima. Torni quando c’ è lui.

Gli arabi della zona sono una presenza imponente e in queste vie si sente risuonare più spesso marhaban (ciao) che buonasera, ma parlare con loro è un’ impresa quasi impossibile. Da un portone esce Wael, egiziano, cui chiediamo se frequenti la moschea. Sono cristiano, replica secco. E secondo lei i musulmani in questa zona possono creare problemi? Nessun problema, taglia corto.

In via Stratico sorge la scuola araba bilingue Nagib Mahfuz, la cui didattica segue i programmi ministeriali sia dello Stato italiano sia di quello egiziano. I bambini maghrebini di San Siro così possono frequentare le lezioni nella loro lingua d’ origine senza uscire dal perimetro del ghetto.

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La cartina di tornasole di una zona dove a fare la legge non è lo Stato bensì le bande di immigrati, sono le occupazioni abusive degli appartamenti. Come osserva sempre Alessandro del Grtp di Aler, da cinque o sei anni la situazione a Milano è totalmente fuori controllo. Le occupazioni sono triplicate, ogni 24 ore se ne contano tra 15 e 20 solo in città. E a peggiorare la situazione sono Comune, centri sociali e alcuni comitati di residenti che soffiano sul fuoco della polveriera di San Siro. Come spiega chi lavora all’ Aler, la giunta di Beppe Sala fa di tutto per ostacolare gli sgomberi delle case occupate.

I dipendenti di Aler intanto rischiano la pelle ogni volta che escono per fare un intervento. Come racconta Francesca, una ragazza del Grtp, pochi giorni fa durante uno sgombero sono arrivati due uomini arabi che hanno iniziato a lanciarci addosso oggetti di ogni tipo, dando fuoco all’ arredamento. Ci siamo trovati in trappola in un angolo all’ ultimo piano, finché un grosso posacenere in vetro mi ha colpita sulla spalla mandandomi al pronto soccorso.

CASE POPOLARI - MILANO
CASE POPOLARI – MILANO

Basta partecipare a uno sgombero per rendersi conto del clima da guerriglia urbana che si respira nella zona di San Siro. Al piano terra di via Civitali 2 si apre uno scorcio raccapricciante. L’ ingresso dell’ alloggio è stato sventrato, la lastra metallica che sigillava l’ entrata è divelta e i contatori del gas penzolano a mezz’ aria. Bastava che il piede di porco colpisse pochi centimetri più in là, dove ci sono i tubi, e il palazzo sarebbe saltato per aria. Nella furia di sfondare l’ acciaio gli occupanti si sono feriti da soli: sul posto è ancora pieno di sangue.

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Ogni volta che rincaso la sera dopo essere stata a visitare i miei nipoti mi viene l’ angoscia perché so che potrei trovare gli abusivi che hanno occupato il mio appartamento, confida Anna, un’ anziana signora.

Abitare in questi caseggiati è terribile. Un tempo eravamo tutti milanesi mentre oggi dobbiamo subire l’ inimmaginabile.