Identificare i clandestini lede immagine, folle sentenza dà il via a risarcimenti

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I centri per identificare i migranti che arrivano in Italia “ledono l’immagine” delle città che li ospitano e i contribuenti dovranno rimborsare.

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È questa in sintesi il senso di una sentenza del Tribunale di Bari che ha condannato la Presidenza del Consiglio e il ministero dell’Interno a versare un risarcimento di 30.000 euro. La sentenza, firmata dal giudice monocratico Concetta Potito e depositata ieri, è stata pronunciata su ricorso degli avvocati Luigi Paccione e Alessio Carlucci, che hanno agito “in sostituzione” del Comune e della Provincia di Bari. “È una decisione che non ha precedenti in Europa”, ha sottolineato Paccione all’AGI. E la decisione del giudice di fatto farà discutere. “Il Cie di Bari – scrive il giudice nelle motivazioni – viste le risultanze probatorie, non risulta di certo idoneo all’assistenza dello straniero e alla piena tutela della sua dignità in quanto essere umano. Il risarcimento è ritenuto necessario per via dell’ingente danno arrecato alla comunità territoriale tutta, da sempre storicamente dimostratasi aperta all’ospitalità, per via delle scelte gestionali dell’Amministrazione statale. Quest’ultima – secondo il giudice – è rimasta inerte dinanzi alle numerose segnalazioni circa le condizioni in cui versavano gli immigrati del Cie, nonchè dinanzi a richieste di verifica delle condizioni igienico-sanitarie del Centro”.

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E ancora: “La sentenza sottolinea che il danno all’immagine si giustifica alla luce di quella che è una normale identificazione, storicamente provata, tra luoghi ove si perpetrano violazioni dei diritti della persona e il territorio che li ospita”. Il giudice indica alcuni esempi tra cui ad esempio la città storicamente più famosa per aver ospitato un lager nazista: “Si pensi – osserva il magistrato – ad Auschwitz, luogo che richiama alla mente di tutti immediatamente il campo di concentramento simbolo dell’olocausto, e non di certo la cittadina polacca sita nelle vicinanze. Ma si pensi anche a Guantanamo, ad Alcatraz: istintivamente il pensiero corre subito e soltanto ai noti luoghi di prigionia di massima sicurezza, e non certo alla base navale nell’isola di Cuba all’interno della quale il primo è ubicato, nè tantomeno all’isola nella baia di San Francisco ove era sito il carcere “.

Demenziale. Sono gli immigrati che ledono l’immagine delle città italiane con stupri, furti e spaccio. E anche certi avvocati. E certi sindaci che si accompagnano ai terroristi islamici in passeggiate pro-invasione.