“La casa ai profughi la danno, io invece vivo su una panchina”

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BATTAGLIA, Padova – Ha protestato, composta e disperata, davanti al municipio della cittadina termale, poco prima dell’inizio del consiglio comunale.

S.Z., una donna di mezza età, da qualche mese dorme su una panchina davanti alla chiesa nuova o quando le va bene a casa di alcuni conoscenti. Non è un profugo o sedicente tale. Ha la sfortuna di non essere sbarcata in Italia illegalmente.

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La scorsa primavera è uscita di sua spontanea volontà dalla comunità San Francesco di Monselice, dove aveva intrapreso un percorso di recupero. «Ora sto bene», racconta seduta su quella che ormai è diventata la sua dimora abituale. «Non mi possono costringere a rimanere segregata lì. Voglio riscattarmi: avere un alloggio e un lavoro, cose normalissime». Ogni tanto alcuni abitanti le portano un po’ di frutta o le offrono un caffè e una brioche al bar.

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«Per l’acqua mi arrangio. Vado a prenderla nei bagni pubblici dell’ex parco Inps. Quando invece ho bisogno di farmi una doccia chiedo ad una mia amica di accompagnarmi all’area di servizio San Pelagio, lungo l’autostrada A13. C’è la possibilità di entrare da una via interna di Due Carrare».

La donna mostra le sue scarpe di pezza. «Ho i buchi sulle suole. È vita questa? Qui a Battaglia abitano oltre cento profughi: hanno vitto e alloggio gratuito e perfino una paghetta giornaliera. Io invece sono stata letteralmente abbandonata».

Bisogna prenotare, e ti ci portano. In hotel a Battaglia Terme, ma solo se sei non italiano:

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