Cgil fa cantare Bella Ciao agli Africani, disoccupati italiani contestano

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La Cgil è diventato un sindacato posto a tutela del lavoro nero, e non soltanto dei neri, come abbiamo potuto evincere giovedì scorso a Gioia Tauro, in Calabria, dove la confederazione ha organizzato un evento, una sorta di manifestazione contro il caporalato, da anni piaga della piana calabrese. Proprio grazie alla presenza di migliaia di braccia low-cost pronte a tutto. Questo impedisce ai locali di fare lavori stagionali e, al tempo stesso, investimenti in miglioramenti produttivi.

La ‘ndrangheta, con la complicità dei sindacati, li utilizza sia per abbattere il costo del lavoro italiano sia per non investire in tecnologia: questo avrà gravi implicazioni a medio lungo termine sulla produttività.

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Peccato che questa genialata abbia segnato l’ennesimo tristissimo flop, suscitando il malcontento, oltre che la rabbia, dei 380 lavoratori portuali che di recente sono stati licenziati senza ricevere nessuna forma di tutela da parte del sindacato e che giovedì si sono recati in piazza solo per rivolgere alla Cgil fischi ed insulti.

Sprizzavano gioia da tutti i pori, di contro, i numerosi immigrati ai quali l’evento è stato dedicato, tutti dotati di cappellino rosso e maglietta bianca e intenti a cantare a squarciagola e allegramente l’inno comunista per eccellenza: «Ciao bella, ciao bella, ciao ciao ciao», che non avranno avuto difficoltà ad imparare dato che sono le prime parole che apprendono quando arrivano in Italia e che tutte noi, donne belle e anche brutte, ci sentiamo rivolgere per strada tutti i giorni. I partigiani si saranno rivoltati nella tomba. Qualcuno ballava, qualcuno gridava «Africa, Africa», qualcun altro addentava un panino, dubitiamo che gli immigrati abbiano capito che non si trattava di una sagra di paese, molto frequenti da quelle parti in questa stagione.

Ciò che è certo è che fare cantare «Bella ciao» agli immigrati senza che questi sappiano nulla della nostra storia né conoscano il significato del testo, è ridicolo almeno quanto fare camminare un elefante sulle due zampe reggendo una pallina in cima alla proboscide. Insomma, roba da circo.

È proprio vero: oggi in Italia se non sei nero non vali un cappero. Nei mesi scorsi i lavoratori licenziati in Calabria hanno bloccato l’autostrada, hanno indetto scioperi, hanno manifestato, ma nessuno è intervenuto in aiuto di ben 380 padri di famiglia rimasti all’improvviso senza lavoro. Sono stati abbandonati anche dalle istituzioni.

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L’evento di Gioia Tauro, benché sia stato un fallimento totale, ha rivelato le intenzioni della sinistra, che vuole ora strumentalizzare gli immigrati perché paghino quote e portino iscrizioni ad un sindacato che assomiglia ormai ad un circolo di pensionati, affinché esso possa continuare ad esercitare una funzione che fino a ieri era misteriosa.