Governo manda 35 cosiddetti profughi in vacanza a Taormina

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TAORMINA – Quando la prefetta di Messina gli ha comunicato finito il G7 anche il suo Comune doveva obbligatoriamente accogliere una parte di coloni africani, nel quadro del cosiddetto piano di colonizzazione africana Sprar, il sindaco di Taormina ha protestato: «Ma proprio ora che abbiamo ripulito tutto?». Temendo, a ragione, che il restyling da 30 milioni spesi per rifare strade, piazze, ville e teatri possa essere macchiato dalla presenza di 38 sfaccendati africani da distribuire in frazioni lontane dal centro come Trappitello o Mazzeo. Per la gioia dei residenti.

Non si fermano davanti a nulla i fanatici dell’accoglienza: devono africanizzare ogni borgo, nessuno deve essere lasciato in pace.

Protestano i leader di albergatori e commercianti, Italo Mennella e Franco Parisi, convinti che si tratti di «una questione di inopportunità ambientale». Approdo di un dibattito innestato in consiglio comunale da un altro esponente con lista civica alle spalle, Nunzio Corvaia, il primo a sospettare e motivare il diniego: «A chi serve? Che cosa c’è dietro? Chi vuole fare business e speculare affittando immobili agli immigrati?». Quesiti e applausi. Un’ovazione. Con una sola eccezione, quella di Graziella Longo, avvocato con tessera Pd, figlia di un sindaco che negli anni d’oro fece grande il Festival del Cinema, decisa a staccarsi dal coro: «Sono indignata da questa forma di…». Eh, no. Non parliamo di razzismo, s’affrettano a zittirla il sindaco, i consiglieri, i due presidenti, quasi un’intera città, facendo riecheggiare il refrain della “inopportunità” che sarebbe cosa lontana da discriminazione e intolleranza.

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Mennella, titolare di un albergo costruito da Nino Manfredi, e Parisi, proprietario di diversi negozi sul corso principale. Entrambi «attoniti». L’hanno scritto in una nota: «Attoniti perché non esiste alcuna forma di razzismo». Decisi a difendere «la capitale del turismo dai 38 migranti ai quali si aggiungerebbero quelli di altri Comuni del comprensorio che, con un semplice spostamento in autobus ad esempio, si troverebbero tutti qui a Taormina».

Il prefetto Ferrandino, una donna impegnata nel predisporre le vacanze dei clandestini, annuncia che ha già parlato con 59 dei 108 sindaci della provincia: «Taormina è uno dei tanti Comuni dove, come nel resto del Paese, arriveranno pochi migranti all’interno del piano Sprar che consente di assumere assistenti sociali, di provvedere alle spese per fare studiare, per integrare… e Taormina certamente non si tirerà indietro». Questi funzionari a cottimo stipendiati da noi e nominati da un governo di criminali politici non votati, passano le giornate nel cercare spazi dove infilare i loro ‘profughi’. E se protesti sei razzista, come se volere vivere in pace, a casa propria, con la propria gente non fosse un legittimo desiderio da difendere con le unghie e con i denti.

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I cittadini di Taormina sono, come tutti gli italiani, contrari. Non lo sono i colleghi di Gassmann, i fancazzisti dello spettacolo. Pippo Baudo: «Non può voltarsi dall’altra parte questa comunità che ha offerto al mondo un’immagine perfetta, nonostante quel maleducato di Trump. Anzi, approfittando di una stagione turistica che s’annuncia ottima, Taormina potrebbe offrire un modello al Paese, inserendo i migranti, facendoli occupare anche in lavori manuali, non lasciandoli inoperosi e confinati». Proposta condivisa dalla signora Leo Gullotta, protagonista al Teatro greco di Siracusa della giornata del rifugiato: «Evento di straordinaria solidarietà con 4 mila persone attorno a una comunità di migranti. Come spero accada al Teatro antico di Taormina. Resto a bocca aperta. Ma se davvero c’è una sola consigliera che si batte io mi ci metto accanto. Almeno, siamo in due». Lui è a ‘bocca’ aperta.

Dove è scritto, che gli africani devono venire in Italia? Da nessuna parte.