Ieri Forza Italia ha salvato il governo Gentiloni

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«Che succede? Niente succede. Ci scambiamo i voti con il Pd». Sono le cinque di pomeriggio e Paolo Romani, deputato di Forza Italia, non ci gira intorno. La stessa franchezza di un addetto stampa di lungo corso: «Che succede? Niente. Tutti si sono fatti una gran pubblicità in questi giorni sui giornali con dichiarazioni violentissime contro il governo. Ma poi alla fine chi è che lo vuole davvero far cadere questo governo?».

La fine era nota. Sin dal principio. Da quando, in apertura di seduta, il presidente del Senato Pietro Grasso smina il terreno più pericoloso, la mozione di Mdp che tira in ballo il ministro Luca Lotti e ne chiede l’allontanamento. Tolta di mezzo quella, Romani si accomoda in un divanetto e parla fitto fitto con Luigi Zanda. Non è il caso di chiedere ufficialmente un rinvio e infatti il capogruppo del Pd si limita a suggerire agli altri di ritirare le loro mozioni. Ma con gentilezza, senza insistere troppo.

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A questo punto bisogna solo trovare il modo per vincere tutti. Il Pd, con la mozione che chiede un rinnovo dei vertici Consip e che passa trionfalmente con i voti di Forza Italia, Ala (Denis Verdini) e Idea (Gaetano Quagliariello). Forza Italia, che non presenta neanche una sua mozione, ma che appoggia quella di Andrea Augello. La quale viene opportunamente riformulata, sopita, troncata. «Votiamo per parti separate, anzi per particelle elementari», scherzano da Ala. Un modo per consentire al Pd di votarne una particella.
Vince anche il neonato gruppo di Gaetano Quagliariello, la Federazione delle libertà, che dà il suo aiutino all’esecutivo.

Insommq, ieri c’era la possibilità di mettere in crisi il governo, di farlo cadere di fatto e rimandare, forse per sempre, lo Ius Soli. Poi è arrivato, per l’ennesima volta, il soccorso azzurro di Forza Italia e delle frattaglie che galleggiano nel mare di corruzione tra Pd e Forza Italia.

Berlusconi parla. Ma poi, quando è il momento decisivo, corre sempre in aiuto di Renzi. Tanto da far pensare qualcuno che Alfano e Verdini altro non siano che stati inviati da lui alla corte del bullo di Rignano per non ‘sporcarsi’ ma al tempo stesso farlo governare.