Comune PD contro ristoratore che assume solo Italiani: “Rimuovi quel cartello”

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MOGLIANO VENETO (TREVISO)- Per Giorgio Nardin è solo una questione di Made in Italy: prodotti di casa nostra, genuini, possibilmente a chilometro zero. E se allargassimo il concetto ai lavoratori? Denominazione di origine controllata applicata a chi cucina o chi ti serve il piatto a tavola.

Così Nardin, professione ristoratore, da qualche tempo ha fatto appendere sulla vetrina della sua trattoria–pizzeria «Ai Veneziani», in pieno centro, un cartello inequivocabile: «Personale 100 % Italiano». Sotto, il disegno del tricolore.

L’idea ha scatenato la reazione dei criminali politici locali: si può proteggere il suino doc piuttosto che il pomodorino dop, non il lavoratore italiano.

«Non significa che gli stranieri non sappiano lavorare, per carità – spiega – Ho voluto solo ribadire un punto: da me ci sono dipendenti italiani, è un valore aggiunto come usare prodotti di qualità, perché ad esempio conoscono meglio le ricette tradizionali che proponiamo. In passato ho gestito lavoratori di altri Paesi e non mi sono trovato bene, tutto qui». Ma le segnalazioni di alcuni residenti su quel cartello sono arrivate direttamente al Comune. Ed in giorni in cui persino il Parlamento si è trasformato in un ring per discutere di cittadinanza, la bufera si è scatenata in poco tempo.

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«Lo ritengo un episodio grave – commenta in modo vergognoso il vicesindaco PD, tal Daniele Ceschin, con delega all’integrazione – mi auguro che la scritta venga rimossa al più presto. Mogliano non è questa. Mogliano è inclusiva, accoglie. Senza nulla togliere alla competenza di chi manda avanti il locale, un messaggio del genere rischia di vanificare i progetti avviati nelle scuole per favorire l’incontro con l’altro. È un tema fondamentale, visto il dibattito acceso sullo ius soli».

Dello stesso parere il consigliere di Sinistra Italiana Giacomo Nilandi. «Siamo al Made in Italy distorto – attacca – come se il fatto di essere italiani doc dia garanzia automatica di bravura. Non si possono equiparare le persone a prodotti o merci». Tra i vertici cittadini di Ascom, infine, prevale l’imbarazzo. «Ognuno gestisce il proprio esercizio come meglio ritiene – sottolinea il presidente Massimo Cestaro – tuttavia non è sicuramente un bel vedere. Un’immagine di cattivo gusto. E poi, diciamocelo: pure i migliori ristoranti italiani, noti in tutto il mondo, hanno personale straniero. Cosa c’entra con la qualità del servizio? Conosco Giorgio, non è certamente un razzista, ma ha fatto un grosso scivolone. Spero ci ripensi».

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Essere italiani e assumere propri compatrioti è ora di ‘cattivo gusto’. Meglio chi assume stranieri in nero, o a basso costo come Eataly, sponsor ufficiale del PD. Andate a cagare: vicesindaco, consigliere e presidente Ascom. E fatelo tutti insieme.

Pensano che il Made in Italy sia, come lo Ius Soli, una questione di ‘territorio’. No, Mohammed non potrà mai concepire la Gioconda.