Studenti denunciano: “La scuola ci fa fare stage al campo nomadi”

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La chiamano alternanza scuola-lavoro. In teoria servirebbe agli studenti a fare tirocini in aziende per abituarsi al mondo del lavoro. Peccato che come denunciato da un ragazzino di 17 anni, che ieri ha scritto una lettera a Libero, lui lo stage è stato costretto a farlo in un campo nomadi. Lavoro, campo nomadi: furto con scasso?

“Sono uno studente del quarto anno di un liceo classico della provincia di Milano – scrive il 17enne – e posso dire che questo provvedimento è stato non solo confusionario e caotico nel realizzarsi, ma ha causato diversi problemi nello svolgimento dei programmi previsti (…). Dopo due anni di alternanza scuola-lavoro ho abbastanza esperienza per dire che il progetto è stato organizzato male”.

“Quest’anno – scrive il giovane studente – mi sono trovato ad affrontare degli stage che non avevo scelto, ma che mi sono stati imposti per una mancanza di ore. Ho dovuto frequentare un corso sulla cultura e la storia del popolo nomade. Non so precisamente in che ambito del progetto alternanza scuola-lavoro possa essere collocato in quanto non si trattava di un ente culturale, ma di un corso di quaranta ore tenuto in un centro di istruzione da un professore”.

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“Il programma – spiega il 17enne – prevedeva delle lezioni in sede in cui vi era la possibilità di conoscere la storia del popolo rom, integrate con ospiti rom e sinti che raccontavano la loro esperienza, e alcune visite presso campi rom di Milano. (…) Le lezioni sono state svolte in modo poco oggettivo: i rom venivano giustificati anche per quanto riguarda la criminalità che caratterizza i campi nomadi. Quando, dalla nostra scuola siamo stati portati in un campo rom, tutti – compreso me – siamo rimasti sorpresi da quanto fossero ben tenuti, ricchi e ordinati”.

“Sono convinto che sia sbagliato generalizzare parlando male di tutti i rom – continua il ragazzo – (…) è che ancora non capisco come un progetto di questo tipo fosse inerente all’alternanza scuola-lavoro, io l’ho accettato solo perché mi avrebbe portato quaranta ore da togliere alle duecento, ma penso che sarebbe stato più utile per qualcuno che è interessato. Scusate se non firmo con il cognome questo sfogo, ma ho paura di essere bocciato”.

Si chiama lavaggio del cervello.