Dopo attentati islamici affonda sempre un barcone, intanto ci scaricano altri 1.700 potenziali terroristi

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Ogni volta che qualche profugo fa una strage islamica, e ormai accade sempre più spesso, le Ong finanziate per islamizzare l’Europa, trovano qualche barcone naufragato. Si chiama ‘marketing delle disgrazie’, e il traffico può andare a vanti. Presto ci mostreranno immagini di bambini, che possano cancellare dalla memoria i volti dei bambini ammazzati dal figlio di profughi a Manchester.

Questa mattina almeno 200 immigrati sono finiti nel Mar Mediterraneo dopo che al largo delle coste di Zuara, in acque territoriali libiche, il barcone, su cui stavano viaggiando circa 500 clandestini è affondato. “I cadaveri sono stati raccolti dalle acque”, ha detto alla Reuters il comandante della Guardia costiera italiana, Cosimo Nicastro, impegnato nel traghettare anche oggi un migliaia di coloni islamici in Italia.

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I trafficanti umantiari del Moas hanno già recuperato 31 cadaveri. “La maggior parte sono bambini, alcuni sono neonati”, ha tenuto a puntualizzare il co-fondatore della Ong, Chris Catrambone, su Twitter. “Se non vogliamo continuare a recuperare cadaveri – gli fa, però, notare il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli – l’unica soluzione resta quella di non farli partire, perché è chiara la strategia degli scafisti, che li mettono su improbabili natanti per percorrere le poche miglia nautiche per uscire dalle acque nazionali libiche, consapevoli poi di essere tratti in salvo dalle tante navi delle Ong che poi li portano qui in Italia”. “Purtroppo – conclude l’esponente del Carroccio – non sempre il meccanismo funziona e avvengono queste tragedie e i responsabili delle Ong che dicono di voler salvare vite umane dovrebbero capire che così stanno solo causando centinaia di morti ogni mese”.

Moas è la punta di diamante del traffico islamico. E, stranamente, i cadaveri li recuperano sempre loro. Sia chiaro: chi affoga in Libia è un colonizzatore sfortunato, nulla di più, nulla di meno.