FERMO: MINACCE DI MORTE A SUPERTESTIMONE, A PROCESSO ANCHE CONSIGLIERE SINISTRA

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Dopo la liberazione di Amedeo Mancini, detenuto per esigenze politiche, e il colpo di scena investigativo, con cui è stato accertato essere stato proprio il richiedente asilo politico a colpire Mancini con un paletto della segnaletica stradale, arriva finalmente la notizia di vari fascicoli aperti da diverse Procure sparse in Italia per diffamazione aggravata nei confronti della supertestimone Pisana Bachetti.

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Come ricorderete era stato proprio Vox a denunciare il clima minaccioso che circondava lei e altri testimoni, rei di avere raccontato la verità, rompendo le uova nel paniere al prete locale Don Euro e a Boldrini:

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Tra gli indagati eccellenti anche il consigliere comunale Massimo Rossi (Sinistra), uno dei promotori del comitato 5 luglio, nato per difendere i diritti dell’aggressore nigeriano. Rossi, in concorso con altre persone, è chiamato a rispondere di diffamazione a mezzo stampa e internet, così come gli altri indagati, che avrebbero condiviso link offensivi, contribuendone alla diffusione sul web. Il consigliere comunale avrebbe inoltre mosso gravi accuse contro la testimone del fatto, definendola mitomane, razzista, contro gli immigrati e di totale inattendibilità.

Le indagini sulla morte del clandestino nigeriano hanno invece stabilito l’esatto contrario: la totale attendibilità della donna, che ha fatto il suo dovere di cittadina, avvisando le forze dell’ordine di quello che stava accadendo, per poi raccontare la verità sui fatti. Una verità che le è costata cara, visto che ha dato il via ad un campagna persecutoria mediatica e sui social nei suoi confronti. In quei giorni la testimone era stata definita fascista, bugiarda, mitomane, amante della notorietà ed in altri modi non ripetibili.

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MIAveva ricevuto minacce di morte sul web e telefoniche, tanto che era stata costretta a rinviare di una settimana l’inaugurazione del suo nuovo negozio. Insomma, la sua vita era diventata un inferno e senza aver fatto nulla di male, se non essersi trovata disgraziatamente ad assistere ad un fatto ancor più disgraziato. A distanza di mesi, però, la situazione si è completamente ribaltata: l’accusata è stata ritenuta assolutamente attendibile (anche perché poi si fecero avanti altri testimoni) e i suoi accusatori oggi sono accusati di averla diffamata gravemente attraverso i media e internet. Un’aggravante, questa, che prevede una pena da sei mesi a tre anni di reclusione.