“Perché Regina Catrambone è ancora a piede libero?”

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“Regina Catrambone – dice Maurizio Gasparri – sbarca in Italia come se fosse una principessa portandoci altre centinaia di clandestini. Le attività del Moas meritano un’indagine a livello internazionale. L’audizione che abbiamo avuto nei giorni scorsi in commissione Difesa al Senato ci ha confermato tutti i sospetti che avevamo”.

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“È un’organizzazione – prosegue il senatore di Forza Italia – dai contorni misteriosi che si colloca a Malta, cosa ben strana per un’organizzazione che si dice umanitaria e che ignora il totale disinteresse per i naufraghi delle autorità maltesi. Malta dovrebbe essere contestata da Moas. Invece diventa il paradiso dove collocarsi per le proprie ambigue, costosissime e misteriosamente finanziate attività. Moas è in contatto con chi si occupa di ‘contractors’ ovvero di una sorta di mercenari in paesi terzi. Hanno quindi molte cose da spiegare”.

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Regina Catrambone “non è la nuova sovrana d’Italia – continua Gasparri – È una persona che insieme a suo marito e ai suoi sodali dovrebbe essere convocata nelle procure italiane per spiegare cosa fa e perché. In ogni caso gli sbarchi di oggi confermano che l’Italia prosegue in una politica suicida, che vede anche la Guardia costiera e la Marina per ordine del governo messe a disposizione di presunte Ong che a loro volta sono in combutta con gli scafisti libici. Perfino la Guardia costiera libica ci ha dato una lezione a riguardo, contestando con note pubbliche la condotta dei sedicenti umanitari che sono solo il braccio destro di chi organizza il traffico di persone. Fino a quando dovremo sopportare e spendere miliardi per gli stranieri e gli scafisti invece che per gli italiani?”.

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“C’è un telefono satellitare che viaggia con un piccione viaggiatore? Questa non la capisco…”. Così Regina Catrambone, la scafista umanitaria fondatrice dell’ong Moas, parla a Catania, sollecitata dai giornalisti, del telefono satellitare Thuraya che, secondo le accuse investigative, sarebbe stato utilizzato più volte per mettere in contatto migranti e Ong. “Non capisco perché – aggiunge – queste domande non sono poste nelle sedi adeguate alle persone che possono essere oggetto di indagini? Se c’è questo telefonino perché non chiamano le persone che lo hanno? Vadano in Libia. Abbiamo un’ambasciata italiana lì. Non è difficile arrivare in Libia, che è a un tiro di schioppo dalla Sicilia. I procuratori che si occupano di queste indagini – chiosa Regina Catrambone – andassero sul campo a ricercare queste prove”. Si, certo, tra le milizie libiche, dove lei sa non possono andare.