Frontex: “Trafficanti risparmiano su carburante grazie a collaborazione navi ONG”

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I trafficanti umanitari o meno di clandestini attivi in Libia approfittano dell’obbligo internazionale per chi naviga di salvare le vite in pericolo. Ma, ovviamente, loro non passano lì per caso.

È quanto denuncia Frontex, l’agenzia Ue che, in teoria, presiederebbe al controllo delle frontiere esterne, che risponde alle polemiche dei giorni scorsi sull’attività delle navi delle Ong in Libia: “È chiaro – ha spiegato all’Agi la portavoce Izabella Cooper – che i trafficanti che operano in Libia stanno approfittando dell’obbligo internazionale di salvare vite in mare”.

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Dall’inizio dell’anno, ha ricordato, “finora oltre 36 mila migranti sono arrivati dall’Italia, partendo soprattutto dalla Libia. E’ il 43% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso”. Secondo Frontex, ancora, dal 2014 è cambiato il modo in cui i trafficanti libici conducono il loro “sporco business”. Primo, spiega l’agenzia, “l’area di ricerca e salvataggio è cambiata: mentre nel 2011 le barche che trasportavano i migranti arrivavano fino a Lampedusa e nel 2014 i salvataggi avvenivano a metà strada fra la Libia e l’Italia, nel 2016 e 2017 l’area di ricerca e salvataggio si è spostata al limite delle acque territoriali libiche”.

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Secondo, “il numero di persone che viaggiano a bordo dei gommoni è aumentato: da circa 90 in media nel 2014 per imbarcazioni di 10 metri, nel 2016 e 2017 sono circa 170” Terzo, “la qualità dei materiali di cui sono fatte queste barche è drammaticamente peggiorata negli ultimi due anni, la gomma è più sottile e costituita da una sola camera d’aria”. Quarto, “mentre nel 2014 la quantità di combustibile era sufficiente per fare lunghi percorsi, ora basta appena a lasciare le acque territoriali libiche. Lo stesso vale per l’acqua da bere e il cibo”. Quinto, “inoltre, recentemente abbiamo notato che i trafficanti tolgono i motori dalle barche quando vedono una nave di soccorritori nei paraggi, lasciando i gommoni pieni di gente alla deriva e in pericolo, per riutilizzare il motore per un altro viaggio”.

Insomma, la presenza dei trafficanti umanitari ha semplificato il lavoro dei loro colleghi in Libia.