Giudice libera stupratore migrante: “No pericolo fuga”, beccato ad aeroporto

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Manicomio giustizia. Se una sera decidi di aggredire una ragazza perché «te la vuoi scopare», in effetti puoi farlo, alla peggio trascorrerai un paio di giorni dietro le sbarre.

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Firenze, notte tra il 21 e il 22 febbraio: il cittadino indiano Singh si avventa su una ragazza di 23 anni che rientra a casa dopo il turno di lavoro in un pub. L’aggressore 29enne tenta di immobilizzarla fino a quasi strangolarla con il laccio del suo cappuccio, la giovane scalcia, grida e si salva per miracolo. Fermato poco dopo da una pattuglia della Guardia di Finanza, l’uomo ammette: «Ho aggredito la ragazza perché me la volevo scopare». Singh trascorre 48 ore nel carcere di Sollicciano, il gip Francesco Bagnai lo ascolta e si convince che, attesa la «estrema brutalità dell’atto compiuto utilizzando uno strumento che poteva facilmente provocare conseguenze anche molto più gravi», non sussisterebbero gli estremi per contestare all’uomo il reato di tentata violenza sessuale, perciò la richiesta di tenerlo in galera, avanzata dal pm Sandro Cutrignelli, viene respinta e Singh è rimesso in libertà con l’accusa, più lieve, di lesioni personali aggravate. La procura ricorre contro l’ordinanza in Cassazione, i malumori sono palpabili, del resto il procuratore capo Giuseppe Creazzo ha rivelato le difficoltà riscontrate nell’esecuzione delle misure cautelari personali a causa degli ultimi ritocchi normativi e non solo, provocando una vivace dialettica con il Tribunale del capoluogo toscano.

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Fatto sta che l’indiano si trasferisce a Fiumicino, dove è residente, con obbligo di dimora (e il divieto di lasciare l’abitazione tra le ore 20 e le 7). Temendo la sua fuga, la procura lo monitora, non si fida, e quando lo scorso 10 aprile l’uomo tenta di imbarcarsi su un volo diretto in India gli inquirenti emettono un fermo prontamente eseguito dalla polizia di frontiera all’aeroporto di Fiumicino. Questa volta il gip di Civitavecchia Paola Petti dispone la custodia cautelare in carcere per i reati di tentata violenza sessuale e calunnia, come richiesto sin dal principio dalla procura. Gli atti sono stati già trasferiti per competenza a Firenze, ci auguriamo che la giovane donna possa ottenere giustizia. O almeno un barlume di essa. Perché desta scandalo il senso di impotenza di una giustizia che, pure quando dispone di mezzi e risorse per perseguire l’illegalità, si rivela clamorosamente incapace. Il sacrosanto rispetto delle garanzie della persona indagata, indipendentemente dalla nazionalità, non dovrebbe mai tracimare in un lassismo paralizzante. Se un uomo aggredisce una sconosciuta in piena notte e le stringe un laccio attorno al collo, il caso non può essere derubricato a mero episodio di lesione. Tanto più se il concreto pericolo di fuga per un cittadino straniero comporta un’esigenza cautelare particolare. Senza l’operato vigile della procura che ha sventato la beffa finale, oggi racconteremmo un’altra storia, quella di una vittima, l’ennesima, rassegnata a non avere giustizia dallo stato che doveva tutelare i suoi diritti e invece ne ha sancito il tramonto.