Vaccini, un medico su tre non ci crede e teme effetti collaterali

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Quasi un professionista della sanità su tre pensa che i benefici dei vaccini non sono certi, e teme la possibilità di effetti avversi gravi. Quattro su cinque non si sono sottoposti al richiamo per il tetano negli ultimi 10 anni. E in media solo poco più di uno su tre dichiara di essersi sottoposto alla vaccinazione antinfluenzale nella stagione appena conclusa. Di questi la metà sono medici e meno di uno su quattro sono infermieri o altri operatori. Soprattutto poco meno della metà ritiene che il proprio rischio di contrarre una malattia prevenibile con vaccino sia basso.

È quanto emerso alla Conferenza nazionale “Medice, cura te ipsum” organizzata a Pisa dalla Società italiana multidisciplinare per la prevenzione delle infezioni nelle organizzazioni sanitarie (Simpios) e aperta dall’Onorevole Federico Gelli, nel corso della quale sono stati presentati i risultati preliminari di una survey online sulle vaccinazioni a cui hanno partecipato 2.250 operatori sanitari: prevalentemente infermieri, ma anche medici (il 28,5%) e altri professionisti. Un sondaggio, avvertono gli organizzatori, che non ha valore di rappresentatività statistica, ma che getta uno sguardo interessante sulle attitudini di medici, infermieri e altri operatori nei confronti delle vaccinazioni.
Dai dati del sondaggio è emerso che quasi uno su tre degli intervistati (circa il 30%) è in disaccordo con l’affermazione secondo cui i benefici dei vaccini sono certi, e teme la possibilità di effetti avversi gravi. Oltre il 40% degli intervistati non si è sottoposto al richiamo per il tetano negli ultimi 10 anni. Solo il 31,4% in media dichiara di essersi sottoposto alla vaccinazione antinfluenzale nella stagione appena conclusa: la metà dei medici intervistati e meno di uno su quattro tra infermieri e altri operatori.

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Soprattutto il sondaggio ha rilevato che il 44% degli intervistai ritiene basso il proprio rischio di contrarre una malattia prevenibile con vaccino. Eppure, la nuova ondata di morbillo che sta interessando alcune Regioni italiane, dimostra che non è così. Circa il 10% dei casi notificati finora in Piemonte, Lombardia e Lazio riguarda infatti operatori sanitari o comunque persone legate in qualche modo agli ambienti ospedalieri (Nel Lazio in particolare su un totale di 244 casi di morbillo segnalati 26 riguardano operatori sanitari è possibile che il numero sia più elevato, visto che alcuni casi potrebbero non essere stati ancora inseriti nel sistema).In Toscana il fenomeno è ancora più evidente: nei primi due mesi del 2017, un caso di morbillo su tre si è verificato in operatori sanitari. Nelle due province di Pisa e Firenze, dove la circolazione ospedaliera è stata più marcata, la percentuale sale al 50%.

E’ strano che anche il morbillo abbia questa dispettosa caratteristica di concentrarsi nelle provincie dove già si concentra la Meningite, e dove si concentrano anche ‘loro’:

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Potete fare tutti i vaccini che volete, fino a che lasciate entrare individui dei quali si sa nulla e che arrivano da zone dove sono in atto le peggiori epidemie, è una battaglia persa.