Il tribunale di Frosinone, per la prima volta in Italia e in Europa, ha annullato una sanzione, di quasi 600 mila euro, a carico del gestore di siti che diffondono film in streaming, nello specifico filmakers.biz, filmaker.me, filmakerz.org e cineteka.org.
“Finalmente un giudice ha riconosciuto che non è automatica la violazione del diritto d’autore se un sito ospita link a streaming di film e musica su internet, anche con banner pubblicitari, se non è chiaro il fine di lucro”, dice l’avvocato Fulvio Sarzana. “Per la prima volta, è stato ristabilito lo stato di diritto nelle questioni di copyright. Questo è infatti il primo giudice che riconosce che se non ci sono prove sufficienti, un sito non può essere chiuso e il suo gestore sanzionato”, dichiara al quotidiano romano Marco Scialdone, docente a contratto in Digital Copyright, presso la Link Campus University di Roma e responsabile del team legale dell’Associazione “Agorà Digitale”, la principale organizzazione italiana in tema di diritti digitali.
“Finora in Italia c’è stato un automatismo, come un riflesso culturale più che giuridico: se un sito era bollato come pirata, il giudice non usava le solite cautele per verificare l’impianto probatorio. Il tutto perché le tante battaglie politiche fatte dall’industria del copyright ha fatto passare l’idea che certe attività sono di per sé illegali, quindi attenzione del giudice si abbassava nell’affrontare i casi”.
“Il giudice – spiega l’avvocato Sarzana – rilevando come l’indicazione di link non possa qualificarsi come messa a disposizione diretta di file protetti dal diritto d’autore ha ritenuta lecita l’attività del portale. E questo nonostante la presenza di banner pubblicitari. Il giudice infatti ha evidenziato quanto in sé il file sharing, ovvero la condivisione di file protetti dal diritto d’autore, sia un risparmio di spesa e non una attività con finalità di lucro”. In sintesi, il giudice ha stabilito che “non basta che il sito produca reddito ma occorre dimostrare che l’attività di lucro sia collegata alla singola opera e che ne sia il corrispettivo, perché altrimenti siamo in presenza di un risparmio di spesa e non di una attività di messa a disposizione per finalità di lucro”, dice Sarzana.
Cavilli, ovviamente. Il lucro c’è, eccome. Ma visti i cachet degli attori hollywodiani e le stupidaggini che veicolano, meno incassano anche attraverso la pirateria, e meglio è.
C’è poi una questione sostanziale. Attori e cantanti hanno visto la moltiplicazione dei propri guadagni grazie alle tecnologie: prima dell’invenzione dei supporti musicali (prima di tutto i dischi), il loro guadagno dipendeva dalle esibizioni dal vivo, rendendo impossibile una concentrazione di ricchezza in pochi cantanti, come invece è avvenuto dopo. E visto che il merito delle tecnologie non è loro, è dubbio che debbano goderne solo vantaggi.
Naturalmente, come tutte le cose, c’è un lato negativo: la pirateria deprime la voglia di creare contenuti originali, per ovvi motivi.