Merkel è arrivata alla Casa Bianca per il suo primo incontro con quello che non è solo un suo nemico politico, ma anche, e soprattutto, la sua nemesi: Donald Trump.
Trump l’ha accolta in modo formalmente ineccepibile ma con molta poca enfasi: sulla porta dell’ala ovest della residenza, dove si trova il suo ufficio. Ignorando la richiesta di una stretta di mano ad uso dei fotografi nello studio Ovale.
Poi la lezione su immigrazione e terrorismo: “I nostri due Paesi devono continuare a lavorare insieme per proteggere i nostri popoli dal terrorismo islamico. L’ immigrazione è un privilegio, non un diritto, e la sicurezza dei nostri cittadini viene prima di tutto“, ha tuonato in faccia ad una Merkel scura in volto Donald Trump.
Beh, ragazzi, in queste parole c’è tutto un programma politico: decide il padrone di casa, chi fare entrare. Ed entrare è un privilegio, non esiste alcun diritto a ‘migrare’ a casa mia. Né, esiste, un paese che sia tale senza frontiere.
Trump impersona la lotta dell’uomo comune contro la Globalizzazione. Una macchina impersonale, che stritola tradizioni, identità e diritti.
Intanto, il piano dazi di Donald Trump che verrà presto reso operativo per difendere le produzioni negli Stati Uniti e i posti di lavoro minacciati e già in parte distrutti dalla globalizzazione selvaggia preoccupa in Germania. ”Il piano dati del presidente Trump va preso sul serio, perche’ mette a rischio 1,6 milioni di posti di lavoro in Germania”. Lo dice il presidente dell’Ifo Clemens Fuest alla Bild di oggi. ”L’export tedesco verso gli Usa ammonta a 106 miliardi all’anno – continua -. Se fossero colpiti con una tassa del 20%, e la meta’ dei costi fosse a carico degli acquirenti, buoni 10 miliardi di euro peserebbero sugli esportatori tedeschi”. ”Un posto di lavoro su due in Germania, dipende direttamente o indirettamente dall’export”, aggiunge il presidente del Diw, Marcel Fratzscher, sempre al tabloid. La Germania perderà non meno di 2 punti di Pil l’anno, entrando immediatamente in recessione.