Immigrati ci costano 18 miliardi l’anno: e saremo noi a pagare le loro pensioni

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Ci risiamo, anche quest’anno, la Fondazione Leone Moressa, che collabora con Caritas, ha preparato il suo rapporto sull’immigrazione, per spiegarci che ci conviene. In realtà gli stessi numeri del loro rapporto, che andiamo ad analizzare, se letti con attenzione, dimostrano il contrario.

Diciamo subito: parliamo dal punto di vista meramente economico, che socialmente e culturalmente l’immigrazione sia un danno, e grave, è scontato.

Secondo i dati Moressa, i 2,35 milioni di immigrati che lavorano hanno versato imposte per 6 miliardi e i loro datori di lavoro hanno versato 10,9 miliardi di contributi per un totale di 16,9 miliardi di euro.

Nel contempo, gli immigrati regolari e i loro parenti hanno usufruito dei servizi scolastici, sanitari, assistenziali e previdenziali. Nella voce «assistenza» rientrano anche le spese per l’amministrazione della giustizia in quanto oltre un terzo dei detenuti nelle carceri italiane è di origine straniera. La somma di queste spese è di poco più di 16 miliardi circa. Tale calcolo, però, include solo 1,2 miliardi di spese per l’accoglienza dei fancazzisti, esborso che il governo ha invece quantificato in 3,2 miliardi di euro e che ci è costato il disavanzo davanti alla UE.

L’analisi è quindi semplice: l’immigrazione costa 1 miliardo di euro più di quello che porta in termini di incassi. Senza immigrati, in sostanza, avremmo un miliardo in più da spendere per l’assistenza dei nostri.

Ma non basta. Perché questa è solo una lettura giusta ma semplicista. Perché c’è un trucco. Quei 10,9 miliardi che Moressa identifica come ‘costributi’ che chi assume immigrati versa allo Stato, non li versano gli immigrati. E potrebbero essere versati se i lavoratori immigrati venissero sostituiti dai disoccupati italiani. Anzi, visto che il salario sarebbe più alto, senza l’effetto calmiere degli immigrati, anche i contributi sarebbero superiori. Ecco che quindi questi 10,9 miliardi sono, in realtà, una bufala.

Non basta. Perché anche nel capitolo dei costi, Moressa dimentica di includere le rimesse. Ovvero i soldi che gli immigrati inviano in patria sottraendoli all’economia italiana: se lavorassero italiani al loro posto, quei soldi rimarrebbero in circolo, generando ricchezza in Italia. E parliamo di oltre 6 miliardi di euro.

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Quindi, in realtà, parliamo di solo 6 miliardi che versano e di almeno 18 miliardi di euro. Più i 6 che scompaiono con le rimesse. Ergo, ci costano, almeno, 12 miliardi di euro più di quello che portano all’economia. Più la perdita di ricchezza annuale di 6 miliardi che pesa sul PIL.

C’è poi il capitolo pensionistico analizzato da De Francesco su il Giornale:

in realtà, prefigura lo scenario ipotizzabile tra il 2040 e il 2050 quando molti immigrati vorranno naturalmente ritirarsi dal mondo del lavoro. Attualmente più del 70% della popolazione di origina straniera residente in Italia si situa nella fascia di reddito inferiore ai 25mila euro lordi annui. Questo lascia presagire che, una volta pensionati (soprattutto se gli anni di contribuzione saranno sufficienti) l’assegno sarà del tutto insufficiente a garantire loro un’esistenza dignitosa se resteranno in Italia. Essi diventeranno, pertanto, un problema in più a carico delle generazioni future perché quei contributi che versano oggi e pagano le pensioni di ieri dovranno essere restituiti e magari integrati con altre forme di sostegno al reddito.

Il professor Gian Carlo Blangiardo dell’Università di Milano Bicocca ha calcolato che sarebbe necessario un flusso aggiuntivo di 400-500 mila immigrati «giovani» all’anno per rendere il sistema sostenibile. Questo, però, significherebbe far esplodere una questione sociale senza precedenti e della quale già oggi vediamo alcuni sintomi. Innanzitutto, al di là del problema dell’accoglienza, occorre ricordare che la maggior parte degli immigrati (come testimoniato dalla distribuzione dei redditi) svolge mansioni che prevedono basse remunerazioni. Dunque si crea una concorrenza al ribasso o, per meglio dire, una guerra fra poveri italiani e stranieri. Il 47% degli immigrati è infatti occupato(a fronte del 36% della popolazione italiana), ma in due casi su tre si tratta di lavori a bassa qualifica. Che la crisi può sempre spazzare via.

Di Blangiardo avevamo già parlato:

DEMOGRAFO: “Immigrati faranno fallire l’INPS”

L’immigrazione non è solo un grave danno sociale e culturale, ma anche economico.