L’ha fatto per sfogarsi contro la classe politica che sperpera denaro a favoree dei fancazzisti mentre lascia gli italiani al gelo e in difficoltà. Italiani come lui alle prese con lo spettro della disoccupazione: Romano Piccinin, 52 anni, è l’ex poliziotto di Maniago che venerdì scorso ha ‘minacciato di morte’ la governatrice del Friuli Venezia Giulia, la parassita politica Debora Serracchiani, con un post pubblicato sulla pagina Facebook del consigliere regionale di Fratelli d’Italia Luca Ciriani.
La polizia politica di Udine e la Procura della Repubblica di Pordenone hanno chiuso il cerchio delle indagini in meno di 24 ore, sequestrando nell’alloggio dell’uomo anche un ‘pericoloso’ mitra giocattolo.
«Non volevo far del male a nessuno ma sono disperato, in queste ore hanno messo all’asta anche la casa in cui abito – ha spiegato l’uomo che ha deciso di raccontare la propria storia dalle pagine del Messaggero Veneto -. Mi sono arrabbiato leggendo delle migliaia di euro che la Regione vorrebbe riconoscere a ciascun immigrato disposto a lasciare l’Italia.
Nel 2015 sono stato persino in Svizzera alla ricerca di lavoro ma mi hanno risposto che prima vengono gli elvetici, poi tutti gli altri. Non ci ho più visto e ho scritto di getto. Sono disoccupato da sei anni e ora rischio di finire per strada. Credetemi, non odio la Serracchiani come donna: mi infastidiscono i politici, di destra e sinistra, che mi trattano da cittadino di serie B».
L’ex agente è difeso dall’avvocato pordenonese Fabiano Filippin che già oggi chiederà al pubblico ministero Federico Facchin il dissequestro del cellulare del proprio assistito: «E’ indispensabile per reperire un’occupazione, all’interno ci sono tutti gli ultimi contatti con potenziali datori di lavoro», ha spiegato il legale che solleciterà anche un chiarimento faccia a faccia, di persona, con la governatrice Serracchiani.
Intanto Piccinin attende di essere interrogato per dimostrare che i proiettili postati su Facebook non sono reali: «E’ un’immagine scaricata da internet (vero, controllate qui), non ho mai posseduto armi da guerra – ha concluso l’indagato -. La mia era una minaccia inattuabile, pronunciata tanto per liberarsi di un peso. Certamente capisco che altri potrebbero trarre cattivi esempi dalla mia condotta e sono pronto a pagare per le mie responsabilità. Rimango però dell’idea che si possano spendere meglio i soldi dei contribuenti, aiutando pignorati e disoccupati prima che i profughi da rimpatriare».
La speranza di Piccinin è che da questa vicenda arrivi qualcosa di buono, cioè “un impiego «che mi permetta di vivere degnamente, senza dovermi umiliare come ho fatto in queste ore».