Romeni e Bulgari in Italia a curarsi gratis: spese record e ospedali ingolfati

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«Entro la fine del mese di gennaio avremo il risultato del monitoraggio». Giulio Gallera, assessore regionale al Welfare, parla delle prestazioni sanitarie a pagamento offerte ai cittadini comunitari presenti in Lombardia e privi di copertura sanitaria (prestazioni regolate da una normativa nazionale). «In base agli esiti e valutata la consistenza del fenomeno, soprattutto dal punto di vista economico, verificheremo se è possibile o meno attivare il Codice Eni (Europeo non iscritto). È chiaro però che serve un impegno da parte del governo perché la Regione Lombardia, seppur virtuosa, non può continuare a farsi carico dei problemi di tutti».

Gallera è intervenuto in consiglio regionale rispondendo a un’interrogazione proprio in merito all’erogazione del codice Eni, ovvero la misura riservata a quei cittadini comunitari (ad esempio rumeni e bulgari) che sono presenti sul territorio nazionale ma privi di copertura sanitaria, in quanto non risultano assistiti dagli Stati di provenienza e non hanno i requisiti per l’iscrizione al Servizio Sanitario nazionale, che se applicato imporrebbe alla Regione di farsi carico dei costi per le prestazioni sanitarie fornite. Essendo cittadini comunitari, queste persone non hanno più diritto ad essere assistiti con l’erogazione del codice Stp (Stranieri temporaneamente presenti), la cui prestazione sanitaria urgente o comunque necessaria viene addebitata al ministero dell’Interno. Da qui i problemi di bilancio.

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Ha spiegato l’assessore: «La Regione Lombardia non ha previsto l’erogazione del codice Eni ma, già prima dell’accordo Stato-Regioni del dicembre 2012 – con la Circolare n.4/SAN 2008 del 27 marzo 2008 – ha previsto che i cittadini comunitari presenti sul territorio nazionale e privi di copertura sanitaria abbiano diritto alle prestazioni indicate dall’art. 35 del Testo Unico sull’Immigrazione, tra le quali le prestazioni relative alla tutela della salute dei minori, alla tutela della maternità, all’interruzione volontaria di gravidanza, alle campagne di vaccinazione e agli interventi di profilassi internazionale».

La Circolare, ha poi spiegato Gallera, prevedeva che, per le prestazioni erogate ai cittadini comunitari privi di copertura sanitaria, deve essere tenuta una contabilità separata e si debba indicare la sigla Cscs (Comunitario senza copertura sanitaria). Questa contabilità separata era stata richiesta dal ministero della Salute per poter poi arrivare a delle transazioni economiche con i Paesi di origine. «Queste transazioni economiche con i Paesi d’origine non hanno avuto effetto – ha detto l’assessore – e quindi il ministero non ne ha piu’ richiesto ricognizione. In base ai contenuti della circolare 4/SAN 2008, le prestazioni devono essere garantite, ma nel contempo chi usufruisce della prestazione non è esentato dal pagamento». In conclusione si tratta di fare i conti: «Per comprendere se la Regione Lombardia può migliorare l’accesso alle cure mediche ai cittadini neo comunitari dobbiamo quindi comprendere se siamo in grado di potervi far fronte da soli o se e’ assolutamente necessario un sostegno del governo».

Che paghi la Regione o il Governo, a pagare sono sempre i contribuenti italiani. La UE e la libera circolazione – che si traduce in libera circolazione di puttane, ladri, terroristi islamici, zingari, aziende che delocalizzano e malati – è una iattura.