LADRO ALBANESE CHIEDE RISARCIMENTO A VITTIMA: “SIAMO DISPERATI”

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«A volte mi chiedo se non dovrebbe essere lo Stato a finire sotto processo. Perché è proprio lo Stato che deve proteggerci, metterci nelle condizioni di non dover sparare. E invece… ». E invece Walter Onichini è sotto processo per essersi difeso dai criminali che lo Stato fa entrare nel territorio dopo avere abdicato all’unica responsabilità che dovrebbe avere: la difese dei confini nazionali.

Onichi, ne abbiamo parlato, ha sparato contro una banda di ladri albanesi che la notte del 22 luglio 2013 aveva assaltato la sua abitazione.

I due colpi hanno ferito il criminale albanese Elson Ndreca. Mercoledì il gip l’ha rinviato a giudizio e il farabutto albanese ha fatto richiesta di un risarcimento danni che supera i 300mila euro e ha denunciato anche Sara, la moglie di Onichini, accusandola di aver lavato le tracce di sangue per complicare le indagini dei Carabinieri. Che invece di evitare di fare queste indagini…

Il processo inizierà il 9 gennaio. Nel frattempo, da tre anni Walter e Sara stanno facendo i conti, ogni singolo giorno, con quella maledetta sparatoria. Hanno rilasciato un’intervista al giornale locale.

Sara: «La nostra vita è stata stravolta. Non ho più voluto abitare in quella casa e ci siamo dovuti trasferire in un’altra provincia. Quando resto sola ho paura, chiudo le finestre, e se cala il buio non vado neppure a gettare l’immondizia. Non so se riuscirò mai a superare questo ricordo ». Walter: «Io invece mi guardo sempre intorno, se qualcuno mi segue o se c’è qualche tizio sospetto vicino a casa. Le assicuro: non è un bel vivere…».

Cosa ricordate di quella notte?

Sara: «Il cane abbaiava. La nostra camera era al secondo piano e mi sono alzata per controllare. Dalla finestra sembrava tutto tranquillo. Invece, più tardi abbiamo sentito il motore della nostra auto e Walter è corso a vedere…».

(Sara si ferma, quasi a riprendere fiato. Sta piangendo. Accompagna il cane fuori, pochi minuti e poi rientra. Il filo lo riprende Walter, con la voce stanca di chi sente di aver dovuto raccontare troppe volte quella notte)

Walter: «Ero affacciato alla finestra. Il cancello si stava aprendo, qualcuno aveva messo in moto la macchina e la stava rubando. Il nostro bambino, che aveva 22 mesi, dormiva in un’altra camera. In pochi secondi ho pensato a un sacco di cose: che il piccolo non stava piangendo, che le chiavi dell’auto erano in casa, che potevano essere entrati e averlo rapito. Quell’auto non doveva uscire dal cortile, non se c’era il mio bimbo a bordo…».

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E allora ha sparato…

Walter: «Ho preso il mio fucile, ho urlato dalla finestra… Poi il primo colpo, che è finito sul tetto dell’auto. Ho visto delle ombre uscire dal garage e fuggire, scavalcando la recinzione. Nel frattempo ho sparato un’altra volta. A quel punto sono tornato dentro e ho visto che il bimbo stava bene, era nella sua culla».

Sara: «Ha sparato per proteggerci, voleva soltanto difendere la nostra famiglia».

Perché non avete chiamato subito i carabinieri?

Walter: «Credevo che tutti i banditi fossero scappati e infatti sono sceso disarmato. Avvicinandomi all’auto ho visto una persona a terra, ferita: alcuni pallini avevano infranto il parabrezza colpendo il ragazzo che era alla guida. A quel punto la mia priorità è stata quella di portarlo all’ospedale. Non sono un mostro, non potevo lasciarlo morire…». Primo errore, visto il risultato.

Elson Ndreca l’accusa di averlo caricato nel bagagliaio dell’auto per poi sbarazzarsi di lui scaricandolo in mezzo ai campi. È da qui che nasce l’accusa di tentato omicidio.

Walter: «Sono balle. L’ho caricato sul sedile del passeggero e sono partito per l’ospedale».
Sara: «Walter è una brava persona, non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere».

Perché imboccare una strada isolata?

Sara: «Perché quella è la via più rapida che da casa porta all’ospedale ».
Walter: «Esatto! Chiunque conosca la zona lo sa benissimo. Poi lui mi ha puntato un cacciavite in faccia. Urlava di farlo scendere. E così ho dovuto fermarmi».

Ndreca dice anche che Sara avrebbe alterato la scena del crimine.

Sara: «Ero sotto choc. Ricordo che quando Walter è partito per l’ospedale ho visto quelle macchie di sangue sulla strada. Mi muovevo per il cortile come un automa, completamente sconvolta. Continuavo a fissare il sangue, mi faceva paura, mi nauseava. Ricordo che faceva caldo, pensai che presto avrebbe attirato anche gli insetti e così, senza rifletterci troppo, ho riempito un secchio d’acqua e candeggina e l’ho gettato sul cemento. Magari ho sbagliato ma io non sono un investigatore, non potevo sapere che rischiavo di alterare la scena. L’unica cosa che mi importava era togliere quegli schizzi di sangue dall’ingresso di casa».

Ora ci sarà un processo. Il bandito accusa entrambi e vi chiede 330mila euro di danni. Cosa ne pensate?

Sara: «Quei soldi non li abbiamo. Sono preoccupata per il nostro futuro, è ovvio. Penso a Hermes Mattielli, che fu condannato a risarcire i nomadi che lo stavano derubando. E penso a Graziano Stacchio, che invece è stato prosciolto. Mi chiedo cosa ne sarà di noi e se questa è vera giustizia».

Walter: «Sembra tutto surreale. Io non ho precedenti, non sono un violento, e ho sparato contro dei ladri che erano entrati in casa mia e che, per quanto ne so, potevano voler rapire mio figlio. Eppure da tre anni devo difendermi. Il bandito, invece, dopo essersi ristabilito è stato processato per aver compiuto altri colpi in Belgio. Vuole sapere come mi sento? Mi sento tradito da questo Stato»
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Ricapitasse, vi comportereste allo stesso modo?

Walter: «Non lo so. A mente fredda direi di no, che non sparerei più per evitarmi guai. Mi chiedo cosa mi sarebbe accaduto se il rapinatore fosse morto. Però poi penso alla mia famiglia, al fatto che se lo Stato non è in grado di proteggerla qualcuno dovrà pur farlo…».
(Sara piange di nuovo. Si asciuga gli occhi ed è come riflettesse ad alta voce) «È un’agonia. Lenta, dolorosa, costosa. Quando finirà?».

Queste vicende insegnano una cosa alle future vittime. Che d’ora in poi sapranno cosa fare per evitare la persecuzione della magistratura: sparare per uccidere e poi sbarazzarsi dei cadaveri dei criminali. Lo Stato – il fottuto Stato dirottato da un manipolo di prostitute della politica e non solo – otterrà questo risultato.