FERMO: PERSECUZIONE CONTRO MANCINI, NIENTE DOMICILIARI

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“Un provvedimento singolarissimo”, è il commento di Francesco De Minicis, avvocato difensore di Amedeo Mancini accusato di omicidio preterintenzionale per la morte dell’ormai celeberrimo clandestino nigeriano Emmanuel.

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La richiesta di arresti domiciliari per Mancini è stata respinta. Amedeo resta nel carcere di Marino del Tronto: questa la decisione del gip Marcello Caporale che non ha accolto l’istanza presentata lo scorso 26 luglio.

La motivazione del G.I.P.: Mancini ha colpito Emmanuel poco dopo che il nigeriano si era allontanato. Dopo averlo preso a sprangate, come dichiarato da 7 testimoni.

Quindi non essendoci contemporaneità tra l’aggressione di Emmanuel (dovuta a reazione per gli insulti razzisti) e il pugno di Mancini che ha provocato la morte, non è possibile parlare di legittima difesa o di eccesso colposo nella stessa. Anche perchè al momento della seconda colluttazione Emmanuel non minacciava più Mancini con il segnale stradale o altri corpi contundenti ma si stava allontanando. Questa versione, riferita da un testimone oculare, non è stata smentita dagli altri, ed è quella si cui si basa l’accusa del GIP. Dal documento emerge però come ormai certa la versione che vedrebbe Mancini colpito dal palo e non viceversa.

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Entrando nel dettaglio, secondo il giudice, la causa di giustificazione della legittima difesa non si può ritenere provata e le esigenze cautelari non appaiono attenuate, tenuto conto anche dei pochi giorni trascorsi dall’applicazione della misura cautelare in carcere.

Ergo, se ti prendono a sprangate e dolorante colpisci il clandestino che si allontana, la colpa è tua.

Sei te che devi provare di essere innocente, se sei italiano, non i magistrati che devono provare che sei colpevole.

Non solo, gli stessi magistrati che riconoscono – non potrebbero fare altrimenti – come certe le dichiarazioni di 7 testimoni che contraddicono la compagna del nigeriano, che poi ha ritrattato, non indagano quest’ultima per falsa testimonianza.

Buono a sapersi, magistrati. Ce lo segniamo.