Lite nel PD di Reggio per la “pasta scotta ai profughi”

Vox
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Un giornale locale di Reggio Emilia informa sulla demenziale bagarre nel PD locale sulla ‘pasta e il riso scotti’ dei quali si sono lamentati i giovani fancazzisti pakistani che come finti profughi vengono mantenuti in città. Ne abbiamo parlato.

Il consigliere comunale Lanfranco De Franco, ex civatiano, scrive sulla sua pagina Facebook: “Non è ammissibile che per una presunta pasta scotta Reggio passi da “città delle persone” a “città dei calci in culo”. Con le persone si parla, si spiega e se fanno richieste illegittime si può anche dar loro torto. Reggio ospita senza problemi 800 profughi e continuerà a farlo rispettando tutti. La violenza la lascio a Salvini e ai suoi seguaci, anche se questo fa perdere consenso fra chi ragiona con la pancia”.

Il riferimento è a un post del giorno precedente sulla pagina Facebook del renziano Giacomo Bertani Pecorari, membro della segreteria Pd, che aveva scritto: “E’ indegno leggere della protesta dei rifugiati ospiti della comunità reggiana per la presunta eccessiva cottura della pasta. Solo l’aver pensato a una rimostranza simile, quando da mesi viene loro garantito un dignitoso vitto e alloggio, significa sputare sulla nostra generosa ospitalità. L’unica risposta che avrei dato a una protesta del genere è un sonoro calcio nel culo, altro che delegati e dialogo”. Più tardi Pecorari ha fatto sparire il passaggio dei “calci nel culo” e si è scusato”, ma oramai la polemica era partita e la frittata era fatta.

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A difendere Pecorari dalle critiche arriva un altro renziano della prima ora, il sindaco di Quattro Castella, Andrea Tagliavini, che scrive: “Le critiche alla qualità del cibo servito in mensa e le lamentele per la coda al Pronto soccorso denunciate al Questore e ai mass media da alcuni richiedenti asilo ospitati nella nostra città sono incomprensibili e ingenerose nei confronti dei tanti onesti e accoglienti cittadini reggiani. Qualcuno spieghi loro che queste richieste mal si conciliano con lo sforzo che giustamente l’Italia e Reggio Emilia stanno facendo per accogliere i migranti in fuga dalle guerre e dalla povertà. Non vorrei però che le aspettative di alcune di queste persone fossero troppo alte. Mi spiego. Quando leggo che ci si lamenta della coda al Pronto Soccorso credo sia giusto e doveroso rispondere che la coda la fanno tutti senza distinzione di null’altro che le condizioni di gravità di chi si rivolge ai medici del Santa Maria Nuova che, lo ricordo, è un’eccellenza pubblica a livello mondiale. Alcune delle richieste lette in questi giorni appaiono immotivate perché il sistema di accoglienza reggiano è tra i migliori in Europa, e quella mensa di cui ci si lamenta è quella in cui da decenni mangiano tanti operai, impiegati e studenti reggiani. Queste richieste non fanno altro che danneggiare l’immagine dei tanti migranti che fuggono da zone di guerra. Ai politici che in queste ore tentano di giustificare certi comportamenti, suggerisco cautela: il danno e le conseguenze di certe richieste viene arrecato in particolare a chi, come me, sostiene con tutte le forze una politica di “giusta accoglienza” fatta di rispetto delle regole e degli stili di vita, con un atteggiamento e approccio di comprensione reciproca. Stiamo attenti. Perché se crolla questo approccio non si apriranno le porte ad un hotel o un ristorante a 5 stelle, ma a forme di razzismo e nazionalismo che certo non si preoccuperebbero dei tempi di cottura della pasta”.

L’assessore comunale Mirko Tutino, pure lui ex civatiano, ha subito ripreso il collega di partito Pecorari: “Posto che la terminologia usata in questo post non ha nulla a che fare con la cultura democratica che contraddistingue questa terra e la forza politica che rappresenti, le cose non sono banali come le poni. L’incontro avvenuto in Questura – riporto le parole del vicesindaco di Reggio Emilia che sta seguendo la questione dall’inizio – era finalizzato a chiedere che gli alberghi, insieme agli altri soggetti rimborsati dallo Stato per gestire l’ospitalità, sostituiscano alcuni alimenti che non fanno parte della cultura dei paesi di provenienza di parte dei profughi. Si tratterebbe di interventi che non hanno alcun costo aggiuntivo e che rientrano in una prassi che da anni le amministrazioni comunali del nostro territorio hanno in tutte le nostre strutture (mense scolastiche, asili, centri di accoglienza ecc..). Basta chiederlo a qualsiasi cuoca di scuola dell’infanzia o a qualsiasi volontario della mensa dei Cappuccini o del Vescovo. É un tratto di civiltà considerato normale in qualsiasi paese d’Europa e credo sia facilmente affrontabile senza prevedere “calci” nel sedere a nessuno. Mi aspetterei, da un amministratore pubblico che sa perfettamente il valore pubblico che ha un post su facebook, un minimo di approfondimento sulla realtà. Prima di scrivere interventi di questo tipo”.

Questi del PD vivono in un mondo tutto loro. Bello vendere come ‘accoglienza’ quello che è un business per le Coop di partito, che poi finanziano il PD con i soldi che i contribuenti hanno versato loro per mantenere finti profughi, in un osceno processo di ‘tangenti’ circolari.