Circondano prefettura: “Hotel schifo, vestiti schifo e stipendio da profugo ritarda!”

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Sono circa un centinaio i giovani maschi provenienti da Nigeria, Ghana, Costa d’Avorio, Bangladesh, Pakistan e ospitati presso due palazzine riccamente ammobiliate di Monteforte gestite dalla cooperativa In Opera. Tutto a spese dei contribuenti.

Nigeria, Ghana, Costa d’Avorio, Bangladesh, Pakistan: tutti paesi in pace e relativamente benestanti per i canoni globali.

Ebbene, questi fancazzisti, stamattina hanno raggiunto la Prefettura di Avellino per protestare contro – parole loro – i “diversi disservizi registrati nella struttura oltre alla mancata erogazione dello stipendio da profughi di novembre e dicembre 2015”.

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Mostrando alcune foto scattate con i loro cellulari, lamentano cibo inadeguato e a volte non abbastanza abbondante. Lamentano poi di avere stanze troppo piccole e che nella struttura fa freddo. Qualcuno racconta non esserci assistenza sanitaria adeguata e che non ricevono vestiario sufficiente. Sono una massa di mantenuti a spese dei pensionati italiani.

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Sono 153 e vivono fra due palazzine di via Alvanella che insieme ai centri gestiti da altre quattro cooperative gestiscono il business dell’accoglienza in Irpinia.

Essendo fancazzisti stranieri e non italiani bisognosi, sono subito stati ascoltati da una certa Colosimo, della Prefettura di Avellino: «Siamo qui per questo, perché i loro problemi sono i nostri problemi. Hanno ragione a essere nervosi, ma andrò lì – assicura – e li ascolterò a uno a uno».

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«E’ una cooperativa che ha sicuramente un po’ di sbandamento – commenta dopo aver ascoltato i primi racconti dai migranti – perché i ragazzi bisogna seguirli, ma non in questo modo. Siamo qui per risolvere questo problema e siamo sempre presenti. Abbiamo un incarico istituzionale sicuramente, ma c’è tanta attenzione all’uomo».

Prefetti e funzionari vari sono un cancro sociale da asportare. Vadano, questi parassiti statali a guadagnarsi il pane. Invece di rubarlo ai cittadini per papparselo loro e distribuirlo ai loro africani.