Cosa diceva Mons. Charamsa ‘ad un amico’: “Cosa intendi per peccato?”

Vox
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Alla luce della notizia di oggi, questa riflessione di mons. Krzysztof Charamsa risulta piuttosto interessante.

E’ stata postata nel gennaio scorso su zenit.org.

La ‘risposta ad un amico’ di Charamsa, letta alla luce dell’uscita di oggi, sembra una lunga autoassoluzione. Si coglie, anche, come l’arrivo in Vaticano di Bergoglio abbia ‘liberato’ tutti i vizi, perché il ‘peccato non esiste più’:

Caro Amico,

mi hai posto una domanda. Visto che la domanda è importante, come sono importanti tutte le domande riguardanti la nostra salvezza, questa notte stessa mi sono messo davanti al computer per darti la risposta. Tu mi chiedi:

La Santa Messa e altre azioni sacramentali compiute da un sacerdote che è nel peccato sono valide?

Sì. Assolutamente sì. La validità dei sacramenti non dipende dalla santità o meno dei ministri che li amministrano. L’insegnamento di San Tommaso d’Aquino al riguardo è molto chiaro, e non manca di chiarezza la dottrina della Chiesa (cfr Concilio di Trento, Sess. VII, can. 8, DS 851: i sacramenti agiscono “ex opere operato”, ovvero per il fatto stesso di essere posto in atto, e non “ex opere operantis” che richiederebbe la santità del ministro, una bella sintesi di tutto ciò troverai nel catechismo della Chiesa Cattolica nn. 1127-1128).

Su questo punto ci vuole una piena serenità del credente, certo che il peccato dei ministri non “contamina” la validità dell’azione sacramentaria di Dio. È vero che Dio ha affidato alle nostre povere mani i suoi mezzi di salvezza. In un certo senso, si potrebbe dire, nell’incarnazione del Verbo, vuole “dipendere” da noi, si è fatto “dipendere” da noi, ma lasciando che dipenda da Lui la validità dei sacramenti, indipendentemente dai ministri.

Per questa ragione ciò che preoccupa per la validità dei sacramenti è il mantenimento della forma ecclesiale, che assicura la validità dell’azione posta. Credo che per questa ragione la Chiesa addirittura riconosce la validità del battesimo, anche se – nei casi limite – fosse fatto da un pagano. Senza badare al suo personale stato di peccato, ci si preoccupa se tale persona ha compiuto “ciò che intende fare la Chiesa”. Se lo ha fatto, ad esempio, su pressante richiesta di uno morente, desideroso del battesimo, che ha avuto accesso solo a questa persona pagana e non ad un sacerdote o ad un altro cristiano, una volta battezzato con la formula trinitaria, è diventato figlio di Dio e della Chiesa. Tale battesimo, indipendentemente dallo stato personale di colui che, sta battezzando, ha fatto ciò che intende la Chiesa, è valido.

Questa totale libertà di Dio nei confronti della validità in realtà è una responsabilità per noi. Pensa, ad esempio, ad un vescovo scomunicato, che rimane in stato di peccato, (purtroppo succede anche questo), se ordinasse un sacerdote o un altro vescovo, il sacramento conferito sarà valido. Non sarà lecito, ma sarà valido, suscitando drammatiche sofferenze o addirittura scismi nella comunità della Chiesa.

D’altro canto, anche i sacerdoti sospesi non perdono il potere di amministrare validamente i sacramenti. Tale esercizio gli viene vietato, ma non perdono la capacità di celebrare validamente. Per questo in pericolo di morte di una persona, anche un sacerdote sospeso può offrirle il sacramento valido. E quante volte è successo, dando la pace e la grazia di Dio ad un morente.

Ora mi chiedo che cosa intendi quando parli di un sacerdote che è nel peccato. Siamo tutti peccatori. Nessuno di noi è del tutto libero dal peccato. Ultimamente su questo triste fatto insiste il nostro Santo Padre Francesco, fino al punto che a molti è apparso incomodo se non insopportabile (forse perché provvidenzialmente ha toccato il nascosto problema delle loro anime). Prima del Papa, però, come ricordi bene, era il nostro Signore a dirci “chi è senza peccato, lanci la prima pietra” Come per dire: “quelli senza peccato, avanti, colpite rapido e efficace”… Siamo peccatori e questo influisce purtroppo sui frutti spirituali dei sacramenti, ma in questo campo (non di validità oggettiva, ma di frutti che si instaurano nell’animo), ciascuno è responsabile per se stesso.

Secondo me questa deve essere la domanda di noi credenti: in che stato è la mia anima? Il sacramento che ricevo veramente porterà frutti in me o forse sarà la mia condanna? La domanda deve riguardare i propri peccati e Papa Francesco, con la sua esigente direzione spirituale, ci aiuta molto (se ci lasciamo aiutare), perché ci riporta continuamente e con insistenza davanti alla nostra coscienza, affinché io, peccatore, non sia divenuto corrotto, affinché io cammini e mi rialzi continuamente, senza permettermi di rimanere per la strada combattuto e vinto dal mio peccato.

Vox

Torno ancora a quel “sacerdote che è nel peccato”, di cui mi parli. Capisco in realtà, che nella nostra bella lingua italiana con questa formula sottintendi lo stato del peccato grave e una situazione di permanenza nello stato del peccato che può apparire irreversibile. Avrei alcune osservazioni al riguardo. Mi chiedo infatti che peccato intendi: i peccati sono, purtroppo, molti e diversificati. Ti darei qualche esempio.

Ci può essere il peccato e al contempo il crimine di abuso sessuale su un bambino: un peccato abominevole che grida vendetta al cospetto di Dio. Se riguarda un sacerdote, vorrei che tale ministro si astenesse da amministrare i sacramenti.

Forse tu intendi un caso sostanzialmente diverso: un sacerdote, che si era innamorato e addirittura aspetta ora di diventare padre, e decide di occuparsi della famiglia, che ha appena formato. In questi casi, penso che è stato coerente e coraggioso, perché il più delle volte un sacerdote che in conseguenza di simili cambiamenti nella propria vita, lascia il ministero, di solito rimane in grande difficoltà per trovare un lavoro: nella propria vita lui era solo sacerdote!

In questi casi penso: guarda amico, lui non è stato fedele alla promessa fatta, ma ha accolto la vita. Non si è macchiato con insistenze o collaborazioni con la propria compagna per compiere un aborto (e purtroppo conosco anche tali casi). Ha accolto il figlio ed è coerente e ha coraggio di dedicarsi a custodirlo, come padre. Esattamente come consigliava PapaBenedetto XVI nel suo famoso libro-intervista “Luce del mondo”, ha avuto il coraggio della coerenza.

In questi casi mi piace ricordare ciò che mi diceva il saggio rettore del mio seminario, quando ci avvertiva: noi nel nostro zelo siamo rapidi a condannare il peccato dell’altro, specialmente del confratello sacerdote, ma guardate bene, dovreste pensare piuttosto quanto bene ha fatto questo nostro fratello quando era prete, per gli anni del suo ministero.

Dovreste fissare il vostro sguardo sul bene fatto, e meno sulla varietà sui nostri mali, sui quali ciascuno deve rispondere per se stesso. Questo non significa lassismo o permissivismo nei confronti delle promesse che sono state infrante, ma significa: la comprensione dell’altro, la misericordia esigente e la preghiera a Dio!

Pensa ad altri casi di peccato. Pensa ad un sacerdote che costantemente ruba quanto non gli appartiene, deruba la comunità. Pensa a quello che è corrotto o collabora di nascosto a vari mali, i cui nomi non pronuncio. Lui sta anche nel peccato e spesso quanto è grande quel peccato! Dico tutto ciò per metterci in guardia di non riservare il concetto di “peccato” alla sola ricca ed esigente sfera della sessualità umana. Il peccato è purtroppo molto più multiforme.

La validità dei sacramenti non dipende dalla percentuale della nostra santità, se non nei frutti che esso semina nei nostri cuori, per chi trenta, per chi sessanta, per chi cento per cento (ma qui ciascuno è responsabile per se stesso: il sacerdote per la propria anima, ed ogni fedele per la propria).

Essere certi di questa libertà di azione saramentale, che è di Dio, non significa poter abbassare la nostra personale vigilanza su noi stessi, giustificarci nei nostri comportamenti infedeli, ma anzi esigere sempre di più da noi stessi per essere all’altezza della nostra vocazione.

Caro Amico,

perdona, mi sono dilungato. Succede sempre così nel silenzio della notte. A te buona notte! Anch’io faccio l’esame di coscienza e vado dormire. Domani sarà un nuovo giorno e spero che potrai leggere queste mie parole.

*

Don Krzysztof Charamsa, oltre a svolgere l’incarico diufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede, è professore di teologia dogmatica alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum di Roma, nonché segretario aggiunto della Commissione Teologica Internazionale.

Il nichilismo è in Vaticano. Sul Soglio di Pietro.