Il Popolo e la Nazione

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Svastica

Le manifestazioni di piazza catalaniste che reclamano l’indipendenza della Catalogna, inducono ad una riflessione sul concetto di Popolo e quello di Nazione, un tema caldo che riguarda anche e soprattutto forse la nostra Italia.

Per quanto riguarda la situazione catalana, mi sento nettamente contrario a separatismi di sorta, che poi finiscono puntualmente per diventare cavalli di Troia anti-europei e anti-identitari; i Catalani sono iberici al pari dei Castigliani, e anzi, il loro etnico è uguale a quello castigliano (“terra di castelli”), checché ne dica chi vorrebbe rintracciarvi qualche improbabile origine gotica (che poi, scusate, ma quasi tutta la Penisola Iberica nel Medioevo poteva essere nota come Gothia, e la capitale del regno visigotico era a Toledo, in Castiglia, non in Catalogna). Si differenziano per questioni linguistiche e storiche, ma da un punto di vista etnico si tratta di genti assolutamente compatibili, tanto che non c’è paragone tra la distanza che intercorre tra “Spagnoli” e Catalani e quella che c’è tra Lombardi e Campani, per dire. Anche la Catalogna è Hispania, così come anche la Lombardia sin dai tempi di Roma è Italia (e questo prima che diventasse Langobardia, notare). Se poi considerassimo tutta quella serie di legami interni tra Nord, Centro e Sud, ci possiamo tranquillamente dire Italici-Italiani da 4000 anni.

Nel caso iberico io sarei favorevolissimo ad una federazione tra Galiziani (e Portoghesi ovviamente), Castigliani, Catalani e Baschi. Baschi che sono l’unico popolo della penisola a smarcarsi sensibilmente dagli altri Iberici, per quanto comunque un robusto retaggio mesolitico sia rimasto in tutte le genti di Iberia, meno neolitiche di quanto possano invece esserlo gli Italiani (tutti).

L’indipendentismo iberico (o britannico) è la tradizionale farsa sinistrorsa che raffigura gli stati centralisti come fascisti, nazisti, razzisti e quant’altro; peccato che stati come Spagna o Italia, ormai, di tutto ciò non abbiano più alcunché, e mi vien da ridere pensando alla penuria etnica di indigeni che ormai affligge proprio una zona come la Catalogna, e che infatti porta i catalanisti ad essere “nazionalisti” inclusivi. Aggiungiamoci che assieme alle sagre handipendentiste ricorrono da copione le piazzate progressiste su “diritti civili”, integrazionismo migratorio, anti-tradizionalismo europeo, Zingari, laicismo pezzente, antifascismo e chi più ne ha più che metta. Degno scontro insomma tra i semi-colti delle varie aree, in cui l’etnicismo logicamente non è certo contemplato. Il catalanismo non è etnonazionalismo, ma solo anarco-sinistra lanciata contro l’Identità e la Tradizione dell’Iberia-Spagna.

Specifico una cosa: l’antifascismo e l’antirazzismo sono sistemi di pensiero che anche senza essere dei fascisti e razzisti sono da esecrare, in quanto relativismo bello e buono basato su balle internazionaliste, politicamente corrette, anarcoidi e anti-nazionali.

Anche il leghismo degli albori era intriso di roba simile; se vi ricordate i manifesti della Lega Lombarda la retorica antifascista si sprecava, e appare ilare se pensate a come oggi un Salvini esalti una Le Pen il cui padre a suo tempo veniva crocifisso da Bossi e compagnia, o si allei con CasaPound nonostante i “fascisti da andare a prendere casa per casa” di epoca celodurista. La Lega è il partito italiano più longevo, ma anche più rimescolato, pasticciato e contraddittorio, il che è forse quello che le ha concesso ogni volta di salvarsi il sedere dall’estinzione: archiviata la Padania e scomparsa Alleanza Nazionale, ecco il tricolorito Salvini aizzare gli Italiani con la retorica patriottarda, che va sempre bene per gettare fumo negli occhi agli ascari delle destre italiane.

L’indipendentismo europeo, ad ogni modo, al di là di pochi casi, è tradizionalmente una scheggia della sinistra apolide e antifascista, che oggi si ripropone facendo sue le classiche tematiche dei tromboni-pecoroni universalisti. Socialdemocrazia della peggior specie, nulla a che vedere col socialismo nazionale.

Queste ridicole manifestazioni finiscono per banalizzare la distinzione tra Popolo e Nazione. Nessuno nega che i Catalani, o i Lombardi, siano un Popolo, e tanto meno io figuriamoci; queste genti sono realtà etno-culturali certo distinte dai loro vicini di casa e hanno una propria fisionomia storica sotto diversi punti di vista (questo grazie anche alle barriere geografiche, si capisce). Un Catalano si distingue da un Basco così come un Lombardo si distingue da un Toscano o da un Napoletano, e certamente sarebbe nichilismo neutralizzare queste differenze in nome di un qualcosa di cartapesta che non tutela nessuno, se non i poteri forti.

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Però, un Popolo va distinto dalla Nazione, dalla Patria per antonomasia, da quella cornice storica che racchiude tutto un insieme di genti anche relativamente diverse ma unite da una comune filiazione che, se non strumentalizzata per scopi ambigui, diventa la degna esaltazione di tutte queste nel nome di un glorioso passato che sa anche rivivere nell’oggi grazie a chi si batte ancora per le vere Patrie.

L’Italia non è stata inventata da nessuno, si è formata nei millenni, nei secoli, grazie a tutta una serie di vincoli etnici e culturali, geografici, migratori (antichi), e anche in virtù di questo è stata unita politicamente dai Romani duemila anni fa, dopo averla conquistata in lungo e in largo. Eccezione le sue tre isole principali, che però hanno diversi legami col continente italico e romano.

Anche nel Medioevo e nell’età moderna la spinta politica, nonostante lo sbarramento petrino all’altezza della Capitale, è stata sempre diretta ad unire la Penisola, non a dividerla, e questo a partire dai Goti di Teodorico, per non parlare dei Longobardi che quasi unirono il Paese denominandolo Lombardia.

Che dire poi della questione della lingua? Nasce nella Sicilia federiciana, esplode nella Toscana medievale delle tre corone regalando il primato culturale all’Italia per secoli, dilaga nella Pianura Padana grazie ai modelli toscani entusiasmando le corti padane alla ricerca di una lingua italiana ideale, e arrivando ad autori nostrani come Manzoni che posero il proprio sigillo sulla tenzone benedicendo la lingua italiana, costruita sul fiorentino letterario, che ha reso grande il nostro Paese. E badate che l’italiano non è stato imposto a nessuno, ma si è imposto grazie al suo prestigio indiscusso, al suo trionfo nella competizione tra volgari italiani. Si è dimostrato il più forte, e chi ha sensibilità “socialdarwinista” dovrebbe riconoscerlo. Detto questo, giusto riscoprire e studiare le lingue locali per preservarle dall’estinzione e tramandarle ai nostri figli.

Mi chiedo, perché rinunciare a tutto questo per inventarsi “nazioni” alternative (come fecero i leghisti nel 1996)? Credere nell’Italia non significa sputare sulla propria piccola Patria, sul proprio Popolo che ha tutta la sua legittimità etno-culturale e che mediante federalismo ha tutto il diritto di esistere e preservarsi, significa bensì elevare anche la propria Terra mediante quell’unità culturale e spirituale unica ed inimitabile che viene dalla Nazione, che sia essa Italia, Spagna, Francia, Germania e così via. Realtà (etno)nazionali da non confondere coi rispettivi stati e che infatti hanno bisogno di schietti federalismi per non rischiare di perdere pezzi per strada e portare a demenziali situazioni come quelle nei Balcani. Situazioni che ovviamente fanno il gioco di chi sappiamo.

Un Popolo è insomma un insieme di individui accomunati da un’origine etnica e culturale ben precisa; esso però rischia di rimanere amputato se privato di quella che è la sua grandissima forza spirituale, che è la Nazione, la Patria fecondata dagli Avi più prestigiosi e importanti, che nel caso italiano sono senza dubbio i Romani. E poverino colui che preferisce ad essi quattro Galli o quattro Germani (se non peggio, come nel caso di diversi indipendentisti meridionali) per giocare a fare l’Italiano che odia sé stesso straparlando di immaginarie nazioni, incapace di distinguere la politica recente da millenni, secoli di Storia onusta di gloria patria.

In Italia, peraltro, non c’è una situazione esattamente multietnica, ma una situazione etnica italiana fatta di diversi gruppi etno-culturali; intendo dire che nel medesimo Paese non convivono Romanzi, Germanici, Baltici, Slavi e via dicendo, ma diverse suddivisioni di quella che è la famiglia etnonazionale peninsulare.

Non rinunciamo orsù alla Nazione, amici, per correre dietro a falsi miti che pervertono i nostri Popoli irretendoli con patetiche storielle senza fondamento, rinvigorite dai professionisti del disfattismo incapaci di vedere oltre il proprio provincialistico naso.

Ave Italia!