Morire di Meningite a 33 anni: infezione batterica

Vox
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Genova – Si è spento dodici ore dopo essere stato dimesso dall’ospedale Villa Scassi di Sampierdarena. Stroncato da una meningite batterica non riconosciuta dai medici che lo hanno tenuto in osservazione una notte intera. A soli 33 anni.

Si chiamava Fabrizio Vigo, serramentista di Rossiglione, provincia di Genova. Ucciso da un male tanto violento quanto inesorabile.

 

Un male che in Italia era stato quasi debellato.

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Mappa del rischio epidemico relativo alla meningite meningococca. In rosso, la fascia meningitica africana

 

Quando i medici gli hanno detto di tornare a casa, sul referto hanno annotato la «totale remissione dei sintomi». Invece è morto.

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Le condizioni di salute del giovane serramentista precipitano improvvisamente due giorni fa. È la notte tra martedì e mercoledì. Vigo vive a Rossiglione, in via Buozzi. Al primo piano, sopra una pasticceria. Sono proprio i titolari dell’esercizio a lanciare l’allarme. Sono le tre di notte, i fornai arrivano al lavoro e trovano il locale allagato. L’acqua cade dal piano superiore, dove vive Fabrizio Vigo. Tentano di suonare al giovane che non risponde, così chiamano il padrone di casa. Lui anche non ha risposta dall’interno dell’abitazione, così sfonda la porta.

Fabrizio Vigo, che da giorni lamenta disturbi di vario tipo, è nella doccia, sotto choc. Sta male, dice cose incomprensibili e non si vuol muovere da lì. Probabilmente, sotto lo scroscio d’acqua, ci si è messo vestito. Perché i suoi pantaloni e la maglia sono a terra dentro il piatto della doccia e la otturano. In poco tempo si allaga il bagno e la pasticceria sottostante. «Abbiamo chiamato subito un’ambulanza, poi con calma lo abbiamo convinto a farsi visitare all’ospedale», raccontano i vicini di casa.

Sono le quattro di mercoledì mattina. Vigo viene accompagnato per accertamenti medici all’ospedale Evangelico di Voltri. Nel tardo pomeriggio, i medici, decidono di trasferirlo al più attrezzato ospedale Villa Scassi. Dove arriva dopo le otto di sera di mercoledì. Viene sottoposto ad accertamenti medici e trasferito in osservazione dove passa tutta la notte.

L’uomo lamenta dolori articolari, vomito e febbre. Giovedì mattina, però, viene dimesso. I medici sottolineano la «rapida e totale remissione dei sintomi» e gli prescrivono una «visita specialistica presso l’ambulatorio competente per il quadro clinico evidenziato».

Sono i tagli: si devono liberare letti.

Vigo decide di non tornare a casa, dove sarebbe solo. Va da un suo amico a Ronco Scrivia. I due passano la giornata insieme, poi alla sera la crisi fatale. Sono passate appena dodici ore dalla dimissione ma Vigo si sente male e perde conoscenza, l’amico chiama il 118. Il serramentista viene accompagnato in codice rosso all’ospedale Galliera. Lì, al pronto soccorso, i medici evidenziano quasi immediatamente una forma di meningite batterica e tentano una profilassi che risulta vana. A mezzanotte muore. La procura intanto sequestra le cartelle cliniche dell’uomo e apre un’indagine. Ormai inutile. Perché Fabrizio è morto. Di una malattia che in Italia era praticamente debellata.