La fine del ‘modello cinese’

Vox
Condividi!

La produzione industriale cinese è cresciuta di un misero 6% quando a giugno era aumentata del 6,8% (gli analisti attendevano un +6,6%). Scambi commerciali in rallentamento e produzione industriale in frenata, elementi che rendono immaginifico l’obiettivo di crescita del 7% quest’anno. Probabilmente, il Pil cinese si attesterà nel 2015 su livelli di poco inferiori, tra il 6,8 e il 6,9%. Per un’economia in via di sviluppo è ‘recessione’.

Il modello cinese è al tramonto. La spiegazione è nella transizione da economia arretrata, come era quella cinese fino a qualche decennio fa, a quella di un paese ‘mediamente sviluppato’: transizione semplice, che gioca sul basso costo del lavoro da parte di masse di contadini trasformati in operai, e riuscita in molti altri paesi: ma solo pochi paesi riescono nella transizione successiva, quella a ‘paese ricco’. Il modello cinese non è in grado di farlo, si regge solo su un mercantilismo sfrenato che ruba mercato attraverso prodotti low-cost e low-quality, ma questo modo di fare economia non permette il passo successivo. Ogni volta che il governo cinese prova a mollare il proprio modello mercantilista – come in quest’ultimo anno – l’economia cade. E, terrorizzato dai possibili effetti sulla ‘pace sociale’, torna indietro.

Vox

Ad esempio, tagliando il valore dello yuan (con oggi per ben due giorni di fila), tentando di rilanciare l’economia: ma in questo modo esportando deflazione in Europa e rimanendo imprigionata in un circolo vizioso.

Il crollo del modello cinese porterà giù con sé anche il modello tedesco, fatto di esportazione di macchinari per le fabbriche cinesi che poi producono oggetti in diretta concorrenza con quelli (di qualità) italiani.