Hotel che ospitano profughi alla canna del gas: “O italiani ci pagano o buttiamo fuori immigrati”

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Ora gli affaristi e collaborazionisti che nei loro hotel ospitano clandestini a spese nostre, si lamentano: o lo Stato salda gli arretrati di 4 mesi oppure il servizio di accoglienza dei presunti profughi verrà «tagliato». Prima con l’eliminazione del pocket money, poi attraverso la riduzione dei servizi (cancelleria, trasporti) e, infine, con «la possibilità – scrivono gli albergatori al prefetto di Brescia – di ridimensionare il numero degli ospiti nelle nostre strutture».

Capito? Hanno raccattato clandestini a spese (non solo monetarie) dei loro cittadini, e ora che Renzi non paga, battono cassa. Sono kyenge vostri.

I soldi, assicurano dalla Prefettura, dovrebbero arrivare presto. Forse già alla fine della settimana.

Una pioggia di denaro per le cooperative del Terzo settore: in realtà una vera e propria mafia che si ammanda di parole come ‘solidarietà’. Si, a 35 euro a capoccia.

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Queste realtà lavorano e incassano nell’ombra, come insegna il caso romano di Odevaine.

Tornando ai ‘non pagamenti’, gli hotel lamentano arretrati di 120 giorni (la convenzione parla di pagamenti a 30 giorni), in certe cooperative i mancati pagamenti hanno raggiunto i cinque mesi.

La famigerata fondazione Museke, ad esempio, ospita in una struttura di sua proprietà, a Castenedolo, otto clandestini: i consumi di acqua, luce e gas sono esplosi. E tra bollette, pasti, cancelleria e maestrine da pagare la fondazione aspetta dallo Stato (cioè dai contribuenti italiani) 42 mila euro.

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C’è poi una cooperativa che ospita 19 immigrati e vanta un credito di 52 mila euro.

«Se continua così – conferma Marzia dell’Hotel Milano – saremo costretti ad andare in banca a chiedere l’anticipo fatture».

Nella lettera al prefetto gli albergatori avevano stabilito una deadline da non superare: «è opportuno che ci venga liquidata la fattura di aprile entro e non oltre il 14 agosto».

Per gli affaristi, lo scoperto sta diventando «insostenibile»: «abbiamo esaurito tutte le risorse per proseguire nel nostro lavoro e in un’ottica di sopravvivenza – hanno scritto nella lettera – possiamo garantire ancora per pochi giorni (solo 7 in alcuni casi) il minimo indispensabile (vitto e alloggio)».

Gli ‘albergatori’ collaborazionisti, in un altro passaggio della lettera sostengono che «non intervenire immediatamente significherebbe arrivare inevitabilmente a situazioni paradossali e pericolose per l’ordine pubblico». Minaccia.

Se i clandestini non avessero più un tetto e un pasto da consumare, sarebbe più facile vederli in centro storico o vicino ai binari della ferrovia. Oppure potrebbe prendere corpo l’ipotesi della tendopoli, con le conseguenti proteste.

Poi, gli affaristi si lamentano perché i sindaci contrari all’invasione e ai loro loschi affari, inviano ispettori a controllare: «le Asl di competenza stanno attuando controlli a tappeto con rigidità e perseveranza, tale operato – denunciano – può essere solo il risultato di precise disposizioni e scelte politiche, come ci è già stato confermato».

Vogliono fare affari, senza controlli. Sindaci: fare controlli a tappeto sugli hotel che ospitano clandestini a spese nostre, qualcosa che non va si trova. Sempre.




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