‘Profughi’ protestano: “Non ci fanno andare in discoteca”

Vox
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BOLOGNA – La demenziale segnalazione è arrivata nei giorni scorsi da alcuni operatori che lavorano (pagati da noi) nei centri di accoglienza di Bologna: “All’Arterìa non fanno più entrare i neri”. Scandalo, orrore, discriminazione!

Così il giornale svizzero Repubblica ha lanciato l’allarme ‘apartheid’, che è poi quella cosa che i sudafricani bianchi rimpiangono da circa vent’anni, ma questo è un altro discorso. Leggiamo, perché ormai la realtà ha abbondantemente oltrepassata la fantasia, c’è da divertirsi per la follia xenofila dei giornalisti svizzeri:

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Un caso di apartheid a Bologna? Per verificarlo, venerdì sera siamo andati nel locale di vicolo Broglio, in pieno centro, insieme a Ibrahim Diakite, un ragazzo di 24 anni che viene dal Mali e vive in uno dei centri di accoglienza della nostra città. L’appuntamento era alle Due Torri, poco prima di mezzanotte. Fuori dal locale abbiamo trovato diversi ragazzi africani in piedi ad aspettare. Per rendersi conto di quello che stava succedendo sono bastati pochi minuti: i bianchi, maschi e femmine, entravano senza problemi. I neri invece no, tutti fermi in una fila che non scorreva mai, finché non si scoraggiavano e andavano via. Mentre noi aspettavamo più indietro, Ibrahim si è diretto verso l’ingresso: ha provato ad entrare ed è stato respinto dai buttafuori. “Mi hanno detto di aspettare”, ci ha spiegato tornando indietro. A quel punto ci siamo fatti avanti anche noi per entrare insieme a lui. Niente da fare, la scena si è ripetuta: noi potevamo passare, lui no. “Quelli sulla porta ti dicono di aspettare – ci ha spiegato in inglese un altro ragazzo nero – ma poi non ti fanno passare mai”. Idem per un altro, Lamin Keitay, che di anni ne ha 17 e vive nel centro di accoglienza di Villa Angeli a Sasso Marconi, e che tutti i venerdì sera viene a Bologna in treno insieme ai suoi compagni: “Davvero, non ci fanno entrare – confida con un’alzata di spalle -. Qualche volta è successo anche a me”.

Il buttafuori del locale lo ammette senza fare una piega. “Il weekend scorso – dice – abbiamo trovato un nero con un coltello nascosto nel giubbotto. Io capisco che sicuramente ci andranno di mezzo anche delle persone che non c’erano niente, anche dei bravi ragazzi”. Scusi, ma i delinquenti si distinguono dal colore della pelle? “Noi non ci possiamo fare niente, per un po’ è così, non li facciamo passare neanche se sono accompagnati. Poi quando si saranno calmate le acque ricominceremo a farli entrare. Anche noi, come voi, vogliamo tornare a casa tutti interi la mattina, dobbiamo salvaguardare il locale e noi”.

Domenico Migliaccio, il titolare del locale, tenta di gettare acqua sul fuoco. “Nessuna discriminazione etnica, al massimo sono state allontanate singole persone che hanno dato dei problemi. Certo, nell’ultimo periodo soffriamo molto per alcune situazioni legate alla convivenza con i ragazzi di colore, soprattutto i profughi dei centri di accoglienza, che talvolta hanno creato un po’ di disagi”. Poi ci ripensa e aggiunge: “Se il buttafuori ha fatto una cosa del genere, se ne assumerà tutte le responsabilità”. Gabriele Lollini, titolare dell’agenzia di security Magnum: “C’è stato un errore, forse li hanno scambiati per altre persone.

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Repubblica non se ne accorge, troppo presa dall’orgia antirazzista. Ma con questa ‘denuncia’, ci informa che i sedicenti profughi passano il tempo in discoteche, o a provare ad entrare nelle discoteche. E’ tipico di chi fugge da persecuzioni…lo sanno tutti.

Vi sembra normale che i sedicenti profughi passino il tempo in discoteca a spese nostre? A Repubblica pare normale. Anzi, è ‘apartheid’ se non li fanno entrare. Per noi è follia il solo fatto che questi passino il tempo a gozzovigliare con i nostri soldi.

Vi raccontano che fuggono dalla guerra. Chi, veramente, fugge dalla guerra, ha altre cose a cui pensare. Questi sono soltanto parassiti. Parassiti che mantenete con i soldi delle vostre tasse.

Dalle dichiarazioni del titolare del locale, si evince chiaramente che a Bologna, ma nel resto d’Italia sarà lo stesso, questi africani passano il tempo nelle discoteche, a molestare ragazzine ed ubriacarsi. Ma guai se non li fate entrare, è un ‘diritto umano’.

Ma non è un diritto umano difendersi. Domanda che esula, in parte, dall’articolo: perché se un individuo può decidere chi frequentare (per ora), non può farlo un’etnia nel suo complesso? Perché un individuo può scegliere (per ora) se non portarsi a casa un nero, una società non può decidere lo stesso per la sua ‘casa’? Non è logico. L’antirazzismo è profondamente irrazionale. E’ isterismo collettivo.