USA – Riesplode la violenza razziale negli Stati Uniti. Dopo la decisione del Grand Jury di non incriminare l’agente Darren Wilson, la comunità africana ha dato vita a violente proteste. Ferguson, cittadina situata nella contea di Saint Louis in Missouri, è nel caos. Numerosi edifici sono stati dati alle fiamme e si registrano violenti scontri tra forze dell’ordine e africani che si sono resi protagonisti di saccheggi. Sono stati esplosi anche colpi di arma da fuoco. Jon Belmar, capo della polizia locale ha dichiarato che sono state arrestate 29 persone e che quella appena trascorsa è stata la “peggiore notte” di scontri nella storia recente della città.
Secondo i giudici non ci sono prove sufficienti per incriminare Wilson, il poliziotto bianco che il 9 agosto sparò al nero Michael Brown. Dopo l’annuncio del procuratore della contea Robert McCulloch sono iniziati gli scontri tra i manifestanti e la polizia. “E’ compito del grand jury di separare i fatti dalla fantasia, non esistono prove concrete per presentare nessuna accusa contro Darren Wilson”. Così il procuratore di St. Louis, Robert McCulloch, ha annunciato nella conferenza stampa la scorsa notte la decisione presa dai 12 giurati di confermare la tesi dell’autodifesa. L’agente avrebbe quindi agito per legittima difesa, e non perché “razzista”.
Secoli di convivenza forzata tra razze diverse non sono stati sufficienti per amalgamare la popolazione. La società americana è ancora nettamente divisa in base alla razza di appartenenza e questo determina un clima di tensione perenne. In America un poliziotto non è un poliziotto e basta, è un poliziotto bianco, nero, giallo. Un uomo ucciso non è un uomo ucciso e basta, è un uomo bianco, nero o giallo. E quando è un poliziotto bianco ad uccidere un uomo nero ecco che scoppia la violenza razziale da parte di una comunità abituata da sempre a recitare la parte della vittima.
La società multietnica è un completo fallimento, un inferno quotidiano che porta inevitabilmente allo scontro.
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