Vergognoso articolo de ilGiornale sui ‘giovani fannulloni’

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PROSEGUE LA MITOLOGICA LEGGENDA SUI LAVORI CHE GLI ITALIANI NON VOGLIONO FARE

Ecco il solito articolo da media di distrazione di massa sui ‘giovani italiani che non vogliono lavorare”: il Giornale di Silvio dovrebbe scoprire la differenza tra ‘lavoratore’ e ‘schiavo’.

Forse gli italiani preferiscono fare i camerieri. «Scherza? Quando chiamo le agenzie di lavoro temporaneo si mettono a ridere: non se lo sogni neppure, rispondono». Mara Bianchi è titolare dell’American Hotel, un quattro stelle affacciato su uno dei litorali più belli d’Italia, e non sa darsi pace: «Vorrei dare lavoro agli italiani, mi piange il cuore quando sento parlare di disoccupazione in crescita. Invece i nostri connazionali il lavoro non lo vogliono, lo rifiutano. Sono allibita. Si lamentano che non si trova lavoro, ma a me fanno rabbia: non lo vogliono».

Italia paradiso dei turisti, capitale dell’industria culturale. Economisti e sociologi sono convinti che si potrebbe vivere solo di questo patrimonio che offre tante opportunità di lavoro. Ma gli italiani rifiutano questi lavori. «Per la stagione estiva cercavo camerieri italiani – spiega Mara Bianchi – ne avremo visti almeno 20, nessuno ha accettato. Vogliono più soldi, giornate libere, orari rigidi. La paga di uno stagionale è più alta di un cameriere fisso, si prende tra i 1.500 e i 2.000 euro netti più vitto e alloggio. Chiaro, c’è da sgobbare: si fanno tre turni e non ci sono giorni liberi. Invece loro vogliono il sabato libero per andare a ballare, la domenica per vedere la fidanzata, chiedono più soldi perché hanno fatto la scuola alberghiera e si credono tutti Masterchef. Per meno di 3mila euro non si muovono. Discorsi che ho sentito di persona e che sento ripetere ovunque vada».
Assumere stranieri non è un ripiego. «I camerieri sono albanesi. Studiano, prendono un diploma triennale, imparano anche il tedesco perché qui è pieno di germanici e austriaci. Insomma, si danno da fare. Se c’è da cambiare una lampadina o fermarsi dopo la fine dell’orario perché la sala non è ancora sistemata, non fanno troppe storie. Da altre parti, come a Milano, sono quasi tutti del Bangladesh o dello Sri Lanka, anch’esse persone gentilissime e disponibili, che si aiutano tra loro e hanno voglia di imparare. Funziona così nei ristoranti, nei negozi, nelle case private».

La crisi dovrebbe moltiplicare le energie di chi cerca lavoro, mentre succede l’opposto. «In Grecia, per esempio, non succede così – racconta Bianchi -. Conosciamo Santorini, Rodi, Mykonos, e vediamo al lavoro soltanto ragazzi greci, anche laureati, molti di loro si pagano gli studi così, fanno la stagione estiva nelle isole e mettono i soldi da parte. Perché devono farsi portare via il lavoro? Da noi è diverso, preferiscono stare a casa piuttosto che fare i camerieri o i guardiani notturni sulle spiagge a sistemare le sdraio, eppure non sono lavori degradanti. È anche per questo che l’Italia va a remengo. I nostri hanno troppe pretese, a volte sono patetici».

Anche le donne delle pulizie sono straniere. «È così da anni – dice Mara Bianchi – nemmeno per brevi periodi o a ore. Al massimo possono accettare di stare alla reception anche se sono prive di qualunque esperienza. Ma per gli uomini è un fenomeno nuovo, fino a qualche anno fa non era così, i camerieri si trovavano, soprattutto gente del Sud che si adattava a fare la stagione lontano da casa. Adesso nemmeno questo. E noi non trattiamo male i dipendenti, le camere sono dignitose, non come le cuccette nelle crociere, e se si mettessero d’accordo qualche serata libera a turno potrebbero farla. No, gli italiani (soprattutto i più giovani e con meno esperienza) pretendono il giorno fisso, cioè tutti i sabati. Piuttosto stanno a casa a spese del papà: così rispondono nei colloqui di lavoro. Ma chi può dare stipendi più alti con questa crisi? Meno lavoro c’è, meno si lavorerebbe. E allora prendiamo gli albanesi, magari sbagliano gli accenti quando si rivolgono ai clienti in sala ma hanno una marcia in più».

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Chissà se la giornalista che scrive sul Giornale di Silvio sarebbe lieta di essere messa in concorrenza con schiavi albanesi e cingalesi che ne abbassano lo stipendio e ne aumentano l’orario lavorativo. Crediamo di no.

E’ tempo che certi giornali la smettano di scrivere sciocchezze intervistando i Briatore di turno che hanno scambiato l’Italia per il Kenia, e gli italiani per schiavi africani.

Perché l’immigrazione è essenzialmente questo: riduce il potere contrattuale del lavoratore. E la Briatore in gonnella può optare per l’albanese che pagherà 1.500 € al mese per tre turni giornalieri (significa lavorare dodici ore al giorno), sette giorni su sette: circa 3,5 euro l’ora.

Questa storia è ridicola. Ci sono hotels che funzionano benissimo e hanno personale totalmente italiano che lavora 7 giorni su 7 (pratica comune in lavori stagionali): ma ad orari umani e non cinesi(alternano i turni), e con stipendi adeguati.

Il problema degli imprenditori è il costo delle tasse sugli stipendi, che ne raddoppia l’entità, non certo la componente che va al lavoratore. Articoli come questo che mettono in contrasto lavoratore e imprenditore sono demenziali: entrambi sono vittime dello Stato.

Presto vedremo sul Giornale un articolo nel quale la signora Bianchi si lamenta che le italiane non vogliono fornire ‘servizi extra’ ai turisti stranieri, e allora è costretta ad assumere ‘volenterose ragazze dell’est’.