Clandestini: ora li vanno a prendere direttamente a casa!

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Veniamo a conoscenza di una storia piuttosto inquietante. Non solo, il nostro governo abusivo li va a pescare in tutto il Mediterraneo, li manda anche a chiamare.

Lui è Ayman Salman, 43 anni, dice di essere scappato dalla Siria dopo che i lealisti gli hanno bombardato la sua casa di Damasco. In realtà non è ‘siriano’, ma palestinese. Con la famiglia si è rifugiato in Egitto. L’accordo internazionale di Dublino tra gli stati membri dell’Unione Europea prevede che ogni stato debba ricevere una quota di cosiddetti rifugiati. Come se la faida in Siria fosse affare nostro.
Il 29 novembre un dirigente dell’ufficio immigrazione e diritti civili del ministero dell’Interno Antonella Dinacci scrive in Svezia all’Ufficio centrale della Dublin unit. Comunicando di avere accettato l’arrivo di Ayman, e invitandolo a presentarsi entro una settimana alla Polizia di frontiera dell’aeroporto Marco Polo. Siamo alla follia.

Ora li mandiamo anche a chiamare.

Il caso della Siria è emblematico. Con la scusa della guerra civile da loro provocata, un’ondata di islamici si sta abbattendo sull’Europa. E si lamentano anche, pretendono soldi e case in Italia. Infatti, dopo essere sbarcato, il palestinese-siriano ‘non è stato accolto come si confà’.

E ieri a denunciare il caso in municipio è arrivato uno di loro, Amin Al Ahdab, cittadino ‘italiano’ sulla carta, e assunto in Comune – fanno i lavori che noi non vogliamo fare, ricordatelo – , nonché presidente dell’associazione siriani e della comunità islamica veneziana. Al che uno si chiede: ma se è cittadino ‘italiano’, perché si preoccupa dei siriani? Questo evidenzia tutta la stupidità della cittadinanza non per Ius Sanguinis.

«Una vergogna», dice, «uno stato civile come l’Italia non può trattare le persone in questo modo. Non c’è una struttura, un ufficio dove loro si possano rivolgere. È inumano». E’ inumano, subito casa popolare e paghetta.

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Al suo arrivo infatti, il siriano invitato dal nostro governo non trova nessuna limousine ad accoglierlo, e si vede dirottare alla Questura, di qui all’Ufficio stranieri che gli dà appuntamento per il 19 marzo. «E nel frattempo lui che fa?», si chiede il presidente ‘italiano’ della comunità siriana.

«Ma questo non è un Paese civile», denuncia Amin, «è stato firmato un accordo fra Stati che non viene rispettato. Questo non è un clandestino, ma un padre di famiglia che aspetta di ricongiungersi con i suoi cari, in base a un accordo di legge. Lo hanno chiamato e poi lo lasciano in mezzo a una strada. Non è ammissibile». E si, perché ora arriveranno anche i ‘suoi cari’, e poi i ‘cari dei suoi cari’ e i ‘cari dei cari dei suoi cari’ e così la catena dell’invasione procede senza sosta.

Ieri Amin ha accompagnato il suo connazionale negli uffici dei servizi sociali a Ca’ Farsetti, poi dall’assessore e vicesindaco Sandro Simionato. «Gli abbiamo spiegato che in questi casi è in atto uno scaricabarile: la Prefettura manda alla Questura, poi al Comune. Io mi chiedo: cosa dobbiamo fare per garantire la dignità umana a queste persone che scappano dala guerra?»

La guerra l’avete provocata, non una nostra guerra e non abbiamo alcun dovere nei vostri confronti.
A Venezia c’è una famiglia di italiani che vive in una Kia. Loro, sono la nostra priorità. Ma sicuramente, non la priorità di un governo che invita gli immigrati su mandato Ue.

E mentre in altri paesi europei c’è stata una discussione pubblica, in Italia sta avvenendo tutto i silenzio. E poi, non bastano quelli che arrivano sui barconi, li invitate anche al telefono?