Progetto Kyenge-Alfano: un’intera cittadina regalata ai clandestini

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A San Giuliano di Puglia arrivano i clandestini – profughi li chiamano loro – il Governo è pronto. Il villaggio che potrebbe ospitare italiani senza casa diverrà invece l’ennesimo centro di accoglienza.

Il villaggio venne costruito al tempo del disastroso terremoto per ospitare gli abitanti e somiglia ad un paese di montagna con casette di legno. In basso, a poca distanza, il Comune di San Giuliano di Puglia vero e proprio, dove le famiglie – circa mille persone – sono rientrate.

Ebbene, nei primi mesi del 2014, questo “paese di legno” verrà regalato ai clandestini. Si trasformerà in una ‘Mineo pugliese’: droga, prostituzione e disordini.

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A Roma sarebbero stati individuati i fondi e anche la destinazione d’uso nell’ambito dello Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Sempre da Roma si aspetta quindi la decisione operativa da parte del Ministero dell’Interno e, per competenza, del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione guidato dal Prefetto, Angela Pria che ha visitato il villaggio: «Stiamo cercando di uniformare ancora di più il sistema dell’accoglienza attraverso la realizzazione di strutture, che abbiamo chiamato hub, una per ogni regione, in cui trasferire le persone dai luoghi di sbarco. La permanenza non può essere ivi superiore a trenta giorni e si possono svolgere subito tutte le formalità che le riguardano, dall’assistenza sanitaria alla formalizzazione della domanda d’asilo, senza fare incardinare la competenza presso quel territorio e poi trasferirli. Questa prima sperimentazione – ha spiegato la responsabile del Dipartimento – partirà a San Giuliano di Puglia utilizzando un villaggio temporaneo a suo tempo costruito dalla Protezione civile, una bella struttura realizzata con soldi pubblici. Il Comune, dove ci siamo recati più volte, incontrando gli esponenti regionali e le autorità locali, ha offerto la sua disponibilità. Ci chiedono, a fronte della realizzazione di un hub, attività aggiuntive che porteremo poi all’attenzione degli altri ministeri. Non è, infatti, coinvolto solo il Ministero dell’interno. Questo sarà la nostra prima sperimentazione, con una permanenza di un mese e il trasferimento nei posti Sprar di cui disporremo dal prossimo anno». Sperimentano. Siamo cavie da laboratorio.

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E già le associazioni che fanno dell’immigrazione un business si fregano le mani. Come proposto dalla Caritas di Termoli e dalle altre parti «il numero dei ‘profughi’ si attesterà in via orientativa sulle 400 unità».

Ci sono infatti diversi business che nascono dalla presenza di un centro come questo – il traffico di droga e la prostituzione sono due -, già si parla di appalti agli amici degli amici per servizi di mensa e pulizia e attività specializzate che richiedono professionisti come psicologi. E le associazioni xenofile pullulano di ‘psicologi’. Anche di psicolabili a dire il vero.

Oltre alle casette, circa duecento, ci sono numerose strutture e ambienti comuni da fare invidia a una cittadina: la mensa, una grande scuola polifunzionale, un campo di calcio in erbetta sintetica, un campetto, una farmacia, un ambulatorio, una chiesa, due centri allora dedicati ai negozi e alle altre attività commerciali, capannoni, rimesse per i mezzi, un eliporto e tanti altri spazi.

Servirà qualche milione di euro per ‘adeguare’ il villaggio alle esigenze degli ‘ospiti’, come la trasformazione della chiesa in moschea.

Una vera e propria ‘colonizzazione’. Un intero villaggio chiavi in mano.