Texas. Creato un videogioco per diffondere l’aborto

Vox
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Texas gameAgli attivisti pro-choice del Texas non è andata proprio giù la nuova legge che impedisce l’aborto dopo la 20a settimana (e non la 12a, come riporta erroneamente Repubblica). Adesso ci riprovano con un videogioco, dal titolo “Choice: Texas a very serious game”, che permetterà di conoscere ludicamente le difficoltà per riuscire ad abortire.
Protagoniste virtuali del game saranno tutte le donne tipiche del campionario pro-choice. Una cameriera sottopagata che vive ancora con i genitori, un’avvocatessa di colore che, bontà sua, “
si occupa della madre anziana e della sorella più giovane”, “una donna con problemi di salute la cui vita sarebbe messa in pericolo da una gravidanza e, da ultimo, quello di una madre sposata ma in difficoltà economiche”.
Vite diverse, vite parallele, ma tutte accomunate da un unico diritto: quello di abortire o, parafrasando, quello di uccidere un innocente. Ognuna cercherà di accattivarsi le simpatie dei giocatori con gesti emozionali, politicamente correttissimi, pur di dimostrare che abortire è una cosa sana e giusta.
Premesso che sono tutte situazioni limite e che richiedono rispetto, la sensazione è quella di una polemica decentrata: hai difficoltà economiche? Le politiche attuali non aiutano le famiglie? Non prendertela col capitalismo o il welfare, non lottare per una società che difende la vita, ma combatti contro chi non è d’accordo con l’uccisione di un innocente…
Volendo si può anche finanziare il progetto. Al momento sono stati raccolti 9.000 dollari.

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7 ottobre 2013
Un videogame per “vivere” l’aborto
Dallo scorso 12 luglio in Texas abortire è diventato più difficile, a causa di una legge che nonostante la forte opposizione di molte donne (vedi la senatrice Wendy Davis) è diventata realtà. Per spiegare quanto sia complesso decidere di abortire in poco tempo due sviluppatrici di software hanno creato un videogioco che simula il percorso a ostacoli di chi si trova in questa situazione

di Luciana Grosso

Ricordate la storia di Wendy Davis, la deputata texana che parlò per undici ore filate, in piedi, per far scadere i termini per l’approvazione della legge che avrebbe reso più difficile per le donne texane abortire? (leggi l’articolo)
Il suo sforzo, per quanto politicamente significativo, è stato reso vano dagli eventi successivi: la legge è stata approvata comunque e, dallo scorso 12 luglio, in Texas non è più possibile abortire oltre la ventesima settimana di gestazione (un termine comunque superiore a quello italiano, dove si hanno a disposizione solo 12 settimane) e per le cliniche che praticano aborti vigono nuovi vincoli legati al fatto che sono state equiparate ai centri ospedalieri dove si eseguono interventi chirurgici complessi.
Il dibattito sulla nuova legge, come sempre accade quando si tratta di un tema che tocca così profondamente la vita delle persone, è uscito ben presto dalle aule istituzionali, per arrivare, in vari modi, sulle strade: c’è stata una grande manifestazione ad Austin, di fronte alla sede del Senato texano, nel corso delle quale migliaia di donne hanno sfilato con le scarpe da ginnastica rosa indossate dalla deputata-paladina. Non solo: la speaker della Msnbc Melissa Harris-Perry ha solidarizzato con la causa abortista mostrandosi in tv con un paio di orecchini ricavati da due tamponi.

Ora, benché i giochi siano fatti e la legge approvata, la protesta arriva anche in Rete con un videogame. Due sviluppatrici americane, Carly Kocurek ed Allyson Whipple, stanno mettendo a punto un video gioco gratuito, disponibile on line, il cui nome “Choice: Texas a very serious game“, mette da subito bene in chiaro la loro posizione in merito alla faccenda aborto in Texas.
Nel gioco (in via di finanziamento sulla piattaforma di crowdfundig IndieGoGO) ogni giocatore può vestire i panni di un personaggio diverso per colore, censo, stato di salute per provare ad avere la possibilità di abortire.
I primi due avatar sono già stati creati: una cameriera diciannovenne che vive ancora con in genitori; un’avvocatessa di colore 35enne che si occupa della madre anziana e della sorella più giovane.
Nei prossimi mesi le sviluppatrici completeranno la gamma dei profili con quello di una studententessa di liceo, una donna con problemi di salute la cui vita sarebbe messa in pericolo da una gravidanza e, da ultimo, quello di una madre sposata ma in difficoltà economiche.

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“Ogni personaggio rappresenta un tipo diverso di persona” raccontano le sviluppatrici, “ma c’è una cosa che accomuna tutte: abortire è un loro diritto e, in alcuni casi, una necessità, ma per nessuna di loro è semplice. Anche chi, come l’avvocato o la madre sposata, ha buone possibilità economiche e un’assicurazione, affronta mille variabili che vanno dal quartiere in cui si vive al tempo a disposizione, sino alla banale disponibilità di mezzi di trasporto e che se si combinano male possono rendere, con questa legge, impraticabile quello che è un diritto. In molti, anche tra i sostenitori della causa, non si rendono conto che oggi l’aborto, è soprattutto una questione di privilegio: non tutte hanno una macchina per andare da un clinica all’altra, o un lavoro da cui potersi assentare con facilità, o un’assicurazione che paghi le spese. Per questo abbiamo pensato a un videogame, perché , oggi per una donna, avere un diritto assomiglia a una corsa a ostacoli”.

Benché il progetto del gioco abbia quasi raggiunto, grazie alle microdonazioni dei sostenitori pro-choice, la cifra di 9000 dollari necessaria a essere completato, sono in molti ad aver storto il naso, non solo tra i pro-life. L’accusa mossa alle sviluppatrici è infatti quella di aver banalizzato un tema come l’aborto, traducendolo in un gioco: “Che bella cosa, l’infanticidio diventa un videogame”, ha tuonato con finta ironia il sito cristiano Lifesite.com. “Non lo trovate divertente? È come Il signore degli anelli, solo che essere buttato nel fuoco non è un anello ma un bambino innocente e la Terra di Mezzo da salvare il proprio tornaconto”. Il dibattito continua.

Fonte: D.Repubblica

In collaborazione con: nocristianofobia.org