Succede solo da McDonald’s: ondata di scioperi contro salario da fame

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NEW YORK – Giornata di proteste in tutti gli Usa per i lavoratori della catena di fast-food McDonald’s che gli organizzatori dicono  diffusa in 50 città e 1.000 ristoranti in tutto il paese.

Gli scioperanti chiedono l’aumento dello stipendio minimo da 7,25$ – circa 5€ – l’ora, a 15$. McDonald’s basa il suo business su prodotti low-cost e low-quality, e raggiunge questo obiettivo grazie alla compressione dei salari. Compressione dei salari possibile, per il flusso ininterrotto di immigrati disponibili a paghe irrisorie.

E in realtà il legame McDonald’s – ma potremmo includere altri big del low-cost come Ikea – immigrazione, bassi stipendi e degrado del mercato del lavoro è un gatto che si morde la coda: un circolo vizioso che crea una classe di nuovi ‘sottoproletari’.

I manifestanti hanno in programma di diffondere la protesta in tutta New York durante il giorno. Proteste sono inoltre tenute a Los Angeles, Chicago, Charlotte, NC, e in altre città.

Nel frattempo,  un think tank con sede a Washington ha messo un annuncio a tutta pagina sul Wall Street Journal una foto di un robot che fa quelle  che appaiono come frittelle. E spiega che i ristoranti devono ridurre i loro costi di servizio per mantenere i prezzi bassi, il che potrebbe significare il passaggio a robot se i salari divenissero troppo elevati.

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“Perché i robot potrebbero presto sostituire i lavoratori dei fast-food se questi chiedessero un maggiore salario minimo”, recita l’annuncio.

Il che non sarebbe male. E mostra come in molti settori, la presenza di immigrati limiti la ricerca in produttività: quando hai manodopera disposta a tutto, a cosa serve investire in tecnologia? Solo la crescita dei salari implica una pressione sulla ricerca e un continuo miglioramento della produttività e dell’economia. E investendo in tecnologia, dando vita a posti di lavoro qualitativamente migliori di quelli di un MdDonald’s.  Basti pensare alla raccolta dei pomodori che potrebbe essere meccanizzata, e invece viene fatta utilizzando migliaia di africani che poi, non avendo salari decenti, pesano sul contribuente italiano per tutta una serie di servizi. La meccanizzazione porterebbe invece anche lavori per italiani laureati e non solo per africani analfabeti.

L’industria del fast-food impiegava lo più giovani in cerca di fare qualche soldo extra mentre andavano a scuola. Ora, i lavoratori sono immigrati e dipendono dal lavoro per sfamare le famiglie. Analisi dell’Economic Policies Institute mostra che l’età media dei lavoratori al minimo salariale è ora 35 anni.

Gli immigrati impediscono ai giovani autoctoni di guadagnare soldi extra,  i ‘padroni’ delle multinazionali risparmiano. La società nel suo insieme ci perde in produttività e in costi sociali e sanitari.