L’Amore conta: due storie oltre lo “stupro” del gossip quotidiano

Vox
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In questa società stuprata dal gossip più demenziale che esalta le relazioni superficiali di personaggi squallidi, dove i punti di riferimento dei giornali sono le fico e i balotelli, due storie veramente profonde.

La prima storia è quella della cantante Italia Vaniglio, morta 4 giorni dopo la morte del marito, il 20 dicembre, colpita da un infarto. Dopo una vita insieme, il suo cuore non ha retto alla morte dell’amore di una vita, Febo Conti. E il 22 dicembre i loro corpi sono stati cremati insieme; le ceneri verranno sparse nell’oceano del Brasile, dove i due avevano casa. I due si erano sposati nel 1953 e dopo decenni di matrimonio e un temporaneo allontanamento erano tornati a vivere insieme nella casa di Desenzano del Garda.

Febo Conti Italia, era diventata famosa negli anni Quaranta con brani come «L’usignolo triste» e «Nebbia» e dopo aver fatto da spalla anche al trombettista Duke Ellington nel 1949 era diventata la cantante solista nell’orchestra di Piero Rizza. Dopo le nozze si era ritirata a vita privata, dedicandosi alla famiglia (ha avuto un figlio) e indirettamente sostenendo i successi di Febo, che raggiunse l’apice della notorietà con «Chissà chi lo sa?» nel 1961.
Italia nei giorni scorsi era stata ricoverata all’ospedale di Desenzano per problemi di salute, ma si era ripresa. Martedì ha voluto far visita a Febo nella camera mortuaria dell’ospedale. Troppo il dolore. La stessa sera viene colpita da un infarto cardiaco e ricoverata nuovamente in ospedale, è morta d’amore.

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La seconda storia, racconta la tenacia di Roberto per risvegliare la moglie Stefania dal coma.
Lui lavora alla Casa del Cinema di Roma, lei è ricoverata a Imola: nel giorno libero le fa ascoltare i messaggi delle loro bimbe.
Il 31 luglio 2012 doveva essere il giorno più bello della nostra vita: ero nella corsia di un ospedale, Villa San Pietro, con le mie due figlie per mano, ad aspettare la loro sorellina. Invece è uscita un’infermiera a dirmi di portarle subito via, perché era successo qualcosa a Stefania».
«Ricordo un viavai di gente, sacche di sangue, il pianto delle bambine, la paura che la mia donna morisse. Le hanno fatto il cesareo, il suo ginecologo non si era accorto che la placenta era attaccata all’utero, non sono riusciti a intubarla, le hanno fatto la tracheotomia, a lungo il cervello è rimasto senza sangue e quindi senza ossigeno. Ho fatto le mie denunce, aspetto le decisioni della magistratura. Dopo quattro giorni l’hanno portata al San Filippo Neri, in terapia intensiva. Continua il calvario, Stefania ha una serie di infezioni, non si trova posto per lei nei luoghi di riabilitazione a Roma, finalmente dopo tre mesi la prendono a Montecatone, vicino a Imola, in una struttura per cerebrolesi gravi. La risonanza mostra lesioni frontali e parietali e una lesione al cervelletto. I medici temono che sia diventata cieca».
«La settimana scorsa le ho fatto ascoltare le nostre canzoni, e ha pianto. “Cercami” di Renato Zero, che ho conosciuto ed è una persona straordinaria. “Giorgia” di Vasco Rossi. “L’amore è una cosa semplice” di Tiziano Ferro. Le leggo le letterine di Vittoria, che non fa ancora le elementari ma ha già imparato a leggere e scrivere, era stata Stefania a insegnarle a scrivere “mamma”. Le stringo le mani, ma non è facile, perché sono contratte, come il suo volto. Cerco di trasmetterle il mio amore, e questo è facilissimo, perché non l’ho mai amata come adesso.»

«Alle bambine ho detto la verità: la mamma dorme, e noi aspettiamo che si risvegli. C’è un assistente del Comune che il pomeriggio le va a prendere all’asilo, c’è l’associazione “L’albero del Pane” di Sacrofano che mi aiuta, ma non è facile. Ho perso venti chili. Però non mi arrendo. Passerà questa crisi. Forse ritroverò Stefania, forse no. La notte della vigilia pregherò per lei insieme con le nostre figlie. A Natale vado a Imola a portarle la catenina con la Madonna del Divino Amore. A Santo Stefano sono qui a lavorare».

L’Amore conta.